XXXV Convegno della Società Italiana di Glottologia: intervista a Riccardo Contini
XXXV Convegno della Società Italiana di Glottologia: intervista a Riccardo Contini
"La linguistica? Ben rappresentata negli atenei italiani, soprattutto all'Orientale"
Professore Contini, che cosa è la linguistica?
“Per risponderle potrei citare uno dei miei professori, Giovanni Nencioni, e riprendere un pensiero ricorrente nelle sue riflessioni. Ricordo che – proprio durante la prima lezione di linguistica seguita all'università – il professore spiegò a noi studenti che non esiste la linguistica, ma una pluralità di riflessioni sulla lingua e, quindi, le linguistiche.
Infatti, se si pensa alle diverse aree disciplinari che possono essere a pieno diritto chiamate in causa quando si parla di studi sul linguaggio, e se si pensa a quelli che sono gli assi portanti della linguistica vera e propria – come la glottologia, la linguistica generale, la filologia tutta, la semiotica, gli studi sulla comunicazione, e così via – appare ovvio che non tutte queste aree di studio possano godere della stessa considerazione nei diversi contesti scientifici ed accademici. Ecco perché non è propriamente corretto parlare di una linguistica.”
L'etimologia "scienza del vero": che ne pensa?
“Non mi trovo molto d’accordo con questa definizione. Se si considera il lavoro svolto in quest’ambito di studi – sin dall'età pre-classica e dai tempi degli antichi greci e romani – sarebbe più giusto spiegare l'etimologia come un tentativo di ricondurre l’opacità alla trasparenza, per avere un contatto più profondo con le forme linguistiche.”
Che cosa consiglia di leggere a un giovanissimo linguista?
“Un libro che mi sentirei di consigliare ad un giovane studioso è The unfolding of language, il testo di un collega assiriologo, Guy Deutscher, pubblicato del 2005. Un libro che considero davvero stimolante, appunto, non solo per gli esperti del settore ma soprattutto per chi non ha mai avuto un contatto diretto con la disciplina. Un buon modo per avvicinarsi agli studi di linguistica, in cui si affrontano diverse questioni legate all'origine e all'evoluzione delle nostre capacità linguistiche.”
Che spazio ha la linguistica nella sua Università e che spazio trova la linguistica in Italia?
“Quando ho iniziato a fare ricerca – circa trenta, anzi, oramai quasi quaranta anni fa – la linguistica era sicuramente una delle discipline trainanti nell'ambito delle scienze umane, in America come in Europa, dagli inizi del secolo scorso. Anche se la situazione oggi è notevolmente cambiata, credo che – rispetto al contesto internazionale – la linguistica sia ancora ben rappresentata negli atenei italiani, e soprattutto in un ateneo come l'Orientale.”
Che applicazione potrebbe trovare la linguistica?
“L'applicazione maggiormente implementata, almeno in occidente – ma spesso declinata soltanto come glottodidattica in senso stretto – riguarda l'insegnamento delle lingue straniere.
Credo, però, che le possibilità di applicazione possano essere di gran lunga maggiori e, quando dico questo, penso alle possibilità di confronto con le minoranze linguistiche, al tema dell'incontro con lingue e culture altre, oppure alla pianificazione linguistica nei contesti in cui ancora non è stata portata avanti un'istituzionalizzazione della varietà parlata (non dimenticando che gran parte della popolazione mondiale è multilingue) e, ancora, alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie nell'ambito del riconoscimento vocale tramite analisi fonetiche e lessicali.
Invece, nel contesto internazionale, una delle manifestazioni più recenti della linguistica applicata è quella che viene definita forensic linguistics – un termine che si potrebbe tradurre con linguistica giudiziaria o verificazionale – che si occupa, in particolar modo, di studiare le questioni legate alle condizioni di verità e falsità delle espressioni linguistiche e che trova numerose applicazioni in ambito legale e giuridico.”
Cosa è cambiato nello studio della linguistica da quando lei ha cominciato a fare ricerca?
“Come ho detto poco fa, nel secolo scorso, la linguistica ha conosciuto uno sviluppo notevole e, nel corso degli anni Settanta, lo strutturalismo – e non soltanto quello linguistico, ma anche di ispirazione funzionale – e il generativismo chomskiano hanno dato grande visibilità alla disciplina. Questo ha fatto sì che la linguistica diventasse una scienza modello, capace non solo di fornire i paradigmi epistemologici di riferimento, ma anche di fungere da area guida nell'ambito delle scienze umane. Oggi la situazione è notevolmente cambiata e, di conseguenza, è cambiato anche lo statuto della disciplina.”
A suo avviso, la linguistica dovrebbe essere insegnata già nelle scuole superiori?
“Credo che, in realtà, questo accada già da tempo, anche se non viene chiamata con il suo nome. Infatti, è difficile che un insegnante di lingua possa trasmettere i contenuti della propria materia senza fare riferimento alle strutture, alle forme e alle organizzazioni delle lingue, e senza entrare in stretto contatto con gli apparati teorici e metodologici che sono propri dalla tradizione di studi linguistici. Inoltre, è difficile pensare che un insegnante di lingue – soprattutto di lingue classiche – possa evitare di adoperare il lessico specifico della disciplina e la sua terminologia.”
Trova adeguato al quadro internazionale il livello di studio della linguistica in Italia?
“Definirlo adeguato è difficile. Purtroppo il nostro popolo non è famoso per la conoscenza delle lingue straniere. Soltanto se un giorno riusciremo a rendere gli studenti multilingue – e ad entusiasmarli di più per lo studio, rendendoli capaci di riflettere sulle lingue altre – allora avremo raggiunto un buon risultato e potremo parlare di adeguatezza rispetto agli altri paesi. Al momento, la scarsa attitudine per le lingue straniere rappresenta una carenza evidente.”
Quale Università, in Italia, brilla particolarmente per gli studi in campo linguistico?
“In Italia i centri di eccellenza sono diversi. Un condizione ottimale è quella che caratterizza la città di Pisa, dove l'Università e la Scuola Normale Superiore si trovano ad operare insieme, con competenze e risorse complementari. E poi ci sono le università di Roma, Torino, Pavia, Napoli...”
E in quale contesto internazionale lo studio della linguistica è particolarmente vivace?
“Se pensiamo alle istituzioni che possono essere comparate all'Orientale – per la loro specificità e per una tradizione di studi orientali e africanistici – allora è possibile citare la SOAS di Londra, School of Oriental and African Studies, oppure l'INALCO di Parigi, Institute National des Langues et Civilisations Orientales, e ancora il centro di studi sulle lingue extraeuropee di Amburgo, l'Università di Mosca che negli ultimi anni ha mosso passi importanti e quella di Berlino che ha rivolto grande attenzione agli studi di linguistica, soprattutto mirando all'insegnamento delle lingue. È naturale, però, che ogni contesto sia caratterizzato da particolari prospettive rispetto alle scienze del linguaggio e, quindi, da differenti basi epistemologiche.”
Può dirci il nome di almeno un linguista italiano per il quale ha o ha avuto particolare considerazione?
“Sicuramente il già citato Giovanni Nencioni, di cui sono stato studente, presidente dell'Accademia della Crusca per un ventennio; e, pensando ad uno studioso più vicino a me in termini di età, sicuramente Raimondo Cardona.”
Quali sono le domande più frequenti che i suoi studenti le rivolgono?
“Mi risulta difficile pensare ad una domanda in particolare, anche perché negli anni ho insegnato in corsi diversi – dialettologia araba, filologia semitica, glottologia e linguistica, linguistica semitica – e non posso dire che ci sia stata una domanda tipica, più ricorrente. Tuttavia, è capitato in diverse occasioni che mi abbiano chiesto come intendere l'alfabeto.”
Come vede il futuro della Università pubblica in Italia?
“Gli eventi degli ultimi mesi non lasciano spazio all'ottimismo, e non è soltanto il nostro paese ad affrontare un momento critico. Infatti, in occasione di un congresso che c'è stato pochi giorni fa, si discuteva con alcuni colleghi francesi della situazione non favorevole in cui versa non solo la linguistica, ma l'intero ambito degli studi umanistici. Purtroppo, attraversiamo un periodo particolare, in cui si cerca dalla scienza un riscontro concreto, immediato e, soprattutto, contabile. È difficile, però, che determinate aree di studio possano offrire risultati in termini di spendibilità, almeno per come la si intende oggi; e penso ad un esempio su tutti, quello delle lingue antiche.”
Che cosa sta leggendo in questo periodo?
“Un'intervista rilasciata da David Cohen, studioso nato a Tunisi nel 1922, parlante del giudeo-arabo tunisino – varietà minacciata di estinzione come le altre lingue giudeo-arabe parlate da un numero sempre più esiguo di individui – prima giornalista e pubblicista e, in seguito, linguista. Il testo è davvero interessante, perché espone una riflessione di grande importanza sulla funzione comunicativa del linguaggio e su alcuni problemi generali della linguistica; considerazioni che sono il frutto di una vita ricca di esperienze, studio e ricerca. Una lettura molto stimolante.”
Che cosa sta scrivendo adesso, e che cosa le piacerebbe scrivere in un futuro lontano?
“In questo momento sono impegnato a scrivere un articolo, uno studio su alcune parole di origine ebraica in italiano; mentre se dovessi pensare ad un progetto che mi piacerebbe portare a termine, anche se in un futuro davvero lontano, sarebbe certamente una storia della linguistica dell'aramaico.”
Un auspicio di Contini per l'Università italiana.
“Credo che il miglior auspicio che si possa fare, in questo momento, è che si riesca a restituire l'entusiasmo a tutti gli addetti ai lavori che ruotano intorno al sistema universitario, e non parlo soltanto di studenti e docenti.”
Azzurra Mancini - Direttore: Alberto Manco