Fanny & Alexander a Galleria Toledo
Fanny & Alexander a Galleria Toledo
“Un famoso esperimento sulla persuasione occulta in Occidente prevedeva la somministrazione di due differenti generi di comandi. L'esperimento è ancora in corso e si chiama WEST”
Teatro Galleria Toledo, 16 marzo 2011 – “Ascolta la tua sete!”, un emblematico monito, e intanto il corpo di Dorothy (Francesca Mazza) viene progressivamente mutilato della sua anima: la ragazzina, che comincia col dichiarare la sua età, 52 anni, sfoggia le caratteristiche scarpette di rubino ma non per questo si esime dall’indossare, nascosta da un elegante vestitino verde, la classica e attualissima mise jeans e maglietta. Dorothy assume via vila le tragiche fattezze di un burattino senza fili e lo spettatore viene inghiottito, con lei, da un vortice di parole e movimenti inconsulti, macabro risultato di spietati ordini che vengono dall’alto: i tiranni sono due (Marco Cavalcoli e Chiara Lagani) e, invisibili, esercitano il loro sadismo tramite voci perentorie.
Inutile opporsi, anzi è consigliabile accettare tutto senza nessun tipo di reazione, così come ci suggerisce la vittima. Contribuiscono alla creazione di quest’atmosfera anestetizzante i quattro riflettori bianchi, puntati costantemente sulla protagonista: il viaggio, tema fondante de “Il mago di Oz”, viene tradotto così in una staticità assordante che fa di “WEST” un’opera al confine tra sogno e realtà.
Fanny & Alexander delineano in questo modo il profilo della nostra contemporaneità mettendo in scena l’intera umanità, il suo essere fruitrice ma al tempo stesso oggetto di consumo. Serie infinite di corpi uguali. Merce.
Il pubblico rimane imprigionato in questa realtà grottesca che gli viene sbattuta in faccia con irriverenza: non c’è nessuna possibilità di comunicazione – la tempesta di messaggi pubblicitari cui veniamo sottoposti ne è una riconferma – e non si può far altro che assistere inermi all’epidemica diffusione del vuoto.
Ci si ritrova proiettati, insomma, in un regno che ha ben poco a che vedere con quelli tradizionalmente presenti nelle favole, dove non ci sono eroi ma schiavi dell’immagine privati della propria identità. “Nessun luogo al mondo è come questo” ripete Dorothy con tono beffardo.
Francesca De Rosa