Forma del vivere, l’ultima pubblicazione di Amedeo Quondam

 

Forma del vivere, l’ultima pubblicazione di Amedeo Quondam

La copertina del libro Forma del vivere

L'autore: “L’Italia ha bisogno di riscossa, e testi come questo aprono la mente”

“Presentiamo un libro ponderoso che si forma da solo, che cerca di riscoprire la morale come principio generale della società”. Queste le parole con cui Matteo Palumbo – docente di Letteratura italiana presso il Dipartimento di Filologia moderna dell'Università di Napoli Federico II – ha presentato l’ultimo lavoro di Amedeo Quondam, Forma del vivere, un testo in cui si ripercorrono le vite dei moralisti italiani dell’Ancien Régime, da Petrarca a Guicciardini, cercando di ricostruire una cultura sepolta attraverso una vera “archeologia semantica”.
Forma del vivere significa “sapienza civile di congregarsi insieme nella città” e dalle pagine del testo emerge il tentativo di far convivere l’economia e la politica con la morale. Palumbo ha ricordato il moralismo razionale di Petrarca, che definì la ragione “la chiave per eliminare gli eccessi”: un insegnamento che appare fortemente attuale in una società che sembra aver smarrito il senso della morale. Giancarlo Alfano, professore associato di Letteratura Italiana presso la Federico II, ha precisato che “La moralità di Quondam è l’autogoverno, è il vero social change indipendente dai paradigmi religiosi. Leggendo il libro ho avvertito uno stimolo ad agire per mutare le cose; ciò sottolinea il significato profondo di un libro, educare al dinamismo e non alla staticità”. Il testo, infatti, ha come destinatari i giovani che devono imparare a vivere nella società, nel rispetto degli altri. Alfano ha poi raccontato un piacevole aneddoto: “Ero nella nota libreria ex Marzocco di Firenze, ma non riuscivo a trovare Forma del vivere nella sezione Studi Letterari. Era nella sezione Filosofia...”, approfittandone per sottolineare l’importanza dell’interdisciplinarità, affinché si crei un unicum tra le varie aree di studio. Prima di lasciare la parola all’autore, il professore Carlo Vecce – docente di Letteratura italiana all’Orientale – ha ricordato due termini spesso presenti nell’opera: forma e norma, fondamentali nel lavoro epistemologico di conoscenza del passato. I complimenti a Quondam hanno riguardato anche la modalità di scrittura scelta dall’autore: “Uno scritto lungo, ma di forma breve. Lo definirei performativo, perché annuncia e agisce nello stesso tempo”.
Soddisfatto dalle parole dei suoi colleghi, l'autore ha preso la parola criticando la scarsa importanza data oggi alla critica letteraria: “Mi chiedo se esista ancora la critica letteraria, e se la debolezza del critico letterario sia causata dal ridimensionamento della sua funzione culturale”. Quondam ha poi parlato, in chiave attuale, della cultura italiana che non ha ricevuto i giusti riconoscimenti: “Perché ripugna tanto pensare che, in un periodo come l’Ancien Régime, la cultura italiana sia stata dominante?”. Autodefinitosi un cattivo maestro, la figura più importante dell’Italianistica italiana ha voluto lanciare anche un messaggio alle giovani generazioni: “L’Italia ha bisogno di riscossa, e testi come questo aprono la mente. Pensando ai giovani d’oggi, riscontro l’importanza dell’interdisciplinarità e la realizzazione di più cose contemporaneamente”.

Giovanni Pulente

© RIPRODUZIONE RISERVATA