Il punto sulla schiavitù

 

Il punto sulla schiavitù

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Interiorizzare la schiavitù: un fenomeno attuale e vicino a ognuno di noi

Le giornate di studio della Summer School su Vecchie e nuove schiavitù sono state dense e gli interventi uno più interessante dell'altro.
Senza riassumerli tutti, si può ricordare ad esempio l'intervento di Claudia Mancina, docente all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, su Le abolizioni della schiavitù: esperienze a confronto: intervento nel quale si è discusso della tratta degli schiavi e quindi della deportazione di grandi segmenti di popolazione africana, crudele non solo per l’altissima mortalità dei prigionieri ma anche per la rottura dei loro legami etnici e culturali. Differenti interpretazioni sono poi state date all’abolizione della tratta: se alcuni pensano sia terminata in quanto non ritenuta più conveniente, altri la adducono a motivi politico-ideologici. La Mancina si è poi focalizzata sulla schiavitù che in quanto istituzione giuridica poteva essere abolita solo con un atto legislativo. In effetti con l’avvento del capitalismo si produssero mutamenti cognitivi rispetto al modo di guardare al mondo e rispetto anche all’impatto delle azioni compiute: nasceva una nuova sensibilità morale ma anche e soprattutto una nuova economia del lavoro secondo cui il lavoro libero era considerato più produttivo.
È stato poi il turno di Brigitta Bader-Zaar, docente all’Università di Vienna, che ha presentato una dissertazione intitolata North American Slave Narratives of the Nineteenth Century in cui sono stati confrontati vari esempi di esperienze narrative nate da alcune schiave afroamericane. Elemento ricorrente è la sofferenza legata alla rottura di qualsiasi prospettiva sentimentale: si tratta infatti di casi di amori tragici e irrealizzabili dovuti proprio alla loro condizione di schiavitù.
La parola è passata quindi a Pilar Toboso Sánchez, docente all'Università Autonoma di Madrid, che ci ha parlato di Esclavas de la educación: violencia contra las mujeres en la España de la dictadura dove il termine “schiave” è da leggere chiaramente in chiave metaforica. Obiettivo della conferenza è stato quello di capire come, durante il periodo della dittatura, le donne abbiano interiorizzato gli atti di violenza ricevuti: è stata sottoposta all’attenzione dei presenti una serie di leggi discriminatorie che hanno spinto alla riflessione sia per il loro contenuto sia per il linguaggio adottato, un linguaggio che sarà col tempo assimilato e quindi riutilizzato dalle donne dell’epoca. Per fare ciò la Toboso Sánchez ha preso in considerazione una serie di articoli estratti dalla rivista El Caso (1952-1987) in cui ciò che colpisce è che l’aggressione viene sempre mostrata come conseguenza di una colpa della donna o comunque come il risultato di una sua condotta rimproverabile. La sessione si è poi conclusa con due interventi di una studentessa e di una dottoranda francesi, provenienti dall'Università di Rouen: si tratta di Anaïs Dufour e Lucy Guyard. La Dufour ci ha parlato di Les successions entre filles héritières de fiefs en Normandie (1580-1620), analizzando proprio i processi di eredità dell’epoca e focalizzandosi sul ruolo delle ereditiere, sicuramente minoritario poiché possibile solo in assenza di fratelli maschi, e sulla loro gestione dei feudi.
La Guyard ha presentato, invece, una ricerca intitolata Les femmes dans les archives de la lieutenance générale de police rouennaise au XVIIIème siècle prendendo in considerazione alcune delle testimonianze femminili relative a reati dell’epoca e a violenze subite. Nella giornata del 23 settembre sono intervenute invece, a conclusione della Settimana di Alta Formazione, Maria Grazia Rossilli, docente all'Università di Parma, e Elena Di Filippo, presidente della cooperativa sociale Dedalus. La Rossilli ha posto l'accento sui fenomeni relativi ai traffici di persone, in particolare legati all’argomento dell'immigrazione clandestina e a quello della prostituzione; a tutela delle vittime – dice la Rossilli – abbiamo un debolissimo Protocollo di Palermo che, tanto per fare un esempio, prevede un permesso di soggiorno breve per le vittime della tratta che collaborano con le autorità giudiziarie, quasi come se il permesso avesse un valore premiale. A chiudere gli interventi c'è stata Elena Di Filippo con la presentazione del programma di Dedalus per la gestione dell'immigrazione e l'accoglienza delle vittime della schiavitù, generalmente immischiate nel giro della prostituzione e nello sfruttamento agricolo o domestico.

Francesca De Rosa

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