L'antica Sogdiana e le testimonianze archeologiche dei suoi commerci

 

L'antica Sogdiana e le testimonianze archeologiche dei suoi commerci

Iscrizione di Bisotun - Bozzetto di Fr. Spiegel (1881), Colonna 1

“L’evidenza archeologica dei grandi commerci nella Sogdiana lungo le Vie della Seta”: ne ha parlato Fabiana Raiano nell'ambito del ciclo dottorale "Archeologie delle Vie della Seta"

La Sogdiana è una delle storiche regioni dell'Asia Centrale. In passato confinava con altre regioni di cultura iranica come la Battriana, la Margiana e la Corasmia; oggi comprende la parte meridionale dell'Uzbekistan e quella occidentale del Tajikistan, coprendo una superficie di 3,5 milioni di km².
In questo territorio si possono identificare tre principali aree naturali: la zona idrografica delle valli dei fiumi Syr Darya, Amu Darya e Zeravshan (vero cuore della regione), la zona steppo-desertica – deserti del Kyzyl Kum, Karakum, Taklamakan e Gobi – e quella montuosa composta da alcune tra le catene più alte del mondo, come il Kopet Dag, il Pamir, l'Hindu Kush e gli Alaj.
Sfruttando le fonti idriche, la popolazione viveva principalmente di agricoltura, creando però un punto d'incontro con le genti nomadiche e pastorali delle steppe attraverso lo scambio di merci quali lana, carni e pelli.
A partire dal II secolo d.C. circa, fino alla conquista islamica (VIII secolo d.C.), la Sogdiana visse il suo periodo di maggiore splendore, soprattutto grazie al fiorire del commercio e all'importante ruolo che i mercanti sogdiani assunsero negli scambi interregionali.

Le informazioni sul sistema commerciale della regione sono davvero poche, in particolare quelle legate ai periodi più antichi: per lo più si tratta di riferimenti alla popolazione locale in fonti scritte del periodo achemenide. Una fondamentale testimonianza è l'iscrizione rupestre di Bisotun, scritta in tre lingue (elamico, accadico e antico persiano) che riporta le gesta dell'Imperatore Dario I.
Nel 1907 furono scoperte le cosiddette Antiche Lettere Sogdiane, datate all'incirca al 313 d.C.: delle otto missive, solo cinque sono state ritrovate complete. Lo scambio epistolare avveniva tra i mercanti sogdiani che lavoravano nell'area della Cina Occidentale. Nelle lettere, oltre a nomi e indirizzi di mittenti e destinatari, si leggono utili informazioni di varia natura: dati personali, commenti politici e soprattutto informazioni relative al commercio, come i prezzi e la qualità delle merci, le condizioni di viaggio e le varie tappe affrontate.

Alcune tra le fonti principali archeologiche sono legate alla Cina, la quale ha sempre nutrito un evidente interesse per quest'area. Un esempio di questo legame è stato trovato nel sito di Kok Tepe, a trenta chilometri da Samarcanda: tra le dodici tombe che compongono la necropoli, n'è stata scoperta una datata intorno ai primi decenni dopo Cristo, appartenente alla principessa cinese Kang' Chu. Tra gli oggetti votivi lasciati alla principessa c'è anche uno specchio in bronzo di epoca Han (206 d.C.-220 d.C.). In Cina invece, in una necropoli destinata ai funzionari sogdiani vicino Chang'an (odierna Xi'an), è stata scavata la tomba del Maestro Shi: questa ha una lunga rampa d'accesso e una porta in pietra che dà sulla camera funeraria. La particolarità che distingue questa tomba dalle altre è l'epitaffio posto sopra la porta, scritto sia in cinese sia in sogdiano.

Purtroppo non sono ancora state trovate evidenze archeologiche circa il sistema organizzativo commerciale, o documenti legali che possano spiegare come tale sistema funzionasse. Gli unici contratti in sogdiano – la registrazione del pagamento di un funerale, un contratto matrimoniale e un contratto di locazione di un mulino – sono emersi a circa 120 chilometri da Samarcanda e sono databili agli inizi dell'ottavo secolo d.C..
 

Francesca Ferrara - Direttore: Alberto Manco

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