Marialberta Lamberti: vi dico cosa amo di me...
Marialberta Lamberti: vi dico cosa amo di me...
Con "Amo di me" la conferma delle buone premesse. Lo studio, la ricerca costante della qualità, e una voce fortunata. Con un pensiero per l'Orientale: "Adoro questa Università. Una parte di me non se ne staccherà mai"
Marialberta, come è nata la sua passione per il canto?
“La passione per la musica e per l’arte in generale c’è sempre stata. Ricordo di essere stata una bambina molto esibizionista e i miei interessi erano innumerevoli, ma non tutti costanti. In passato mi sono dedicata alla danza classica per due anni, poi iniziai a disegnare abiti femminili perché volevo fare la stilista e quando mi iscrissi alle medie mi dedicai alla recitazione. La mia professoressa di italiano decise di affidarmi per due anni consecutivi la parte principale nella recita scolastica ed in quell’ambito cantai. Dicevano che avevo una voce piacevole, ma prima dei tredici anni non diedi importanza alla cosa. Per me l’importante era esprimermi ed esibirmi ed ovviamente non esiste nulla di meglio dell’arte perché ciò avvenga. Non so precisamente perché mi appassionai alla musica, ma so che non fu un gioco o un capriccio. Del resto inizialmente non fui appoggiata. Però mi imposi e la passione di allora dura ancora oggi. Forse sono stati i vinili che abbiamo a casa e con cui sono cresciuta, la bella voce di mia madre, i grandi artisti che ho avuto modo di conoscere sin da piccola, ma c’è stato qualcosa di inspiegabilmente potente nel modo in cui la musica è entrata nella mia vita.”
Come si è formata?
“A tredici anni, quando ho capito che la passione era concreta, mi sono rivolta ad un’insegnante del conservatorio. Troppa disciplina e troppa poca vicinanza alla musica leggera mi fecero capire che dovevo rivolgermi ad un maestro di canto moderno. Giuseppe Cantarella è stato un bravissimo insegnante. Non siamo più in contatto da diversi anni, ma qualche volta mi viene voglia di chiamarlo e aggiornarlo. Era un bravissimo direttore d’orchestra. Ricordo che diresse un paio di artisti al Festival di Napoli, allora in onda su Rete4. Le basi del canto le devo a lui. Mi fece notare che avevo una timbrica particolare per essere una ragazza e che riuscivo a cantare molto bene nei bassi.Partecipai a diversi festival campani cantando canzoni appartenenti al panorama della musica italiana leggera. A sedici anni entrai nella band scolastica del mio liceo e fu in quell’ambito che conobbi un altro genere, il rock, che in realtà già conoscevo dall’età di otto anni quando ascoltai per la prima volta Too much love will kill youdei Queen, innamorandomi di quella band. Cranberries, Pink Floyd, Sting, Evanescence, Litfiba, Nirvana, Depeche Mode venivano suonati e cantati in maniera molto casereccia, ma mi servirono a capire che stava nascendo in me una passione differente. Modificai la voce, iniziai a sporcarla e a inserire quella componente che io chiamo 'raucedine' e che Giuseppe non amava affatto. Tuttavia quella caratteristica mi dava maggiori soddisfazioni del cantato pulito. La mia voce era ancora più riconoscibile, sebbene da quel momento in poi notai che il modo in cui cantavo o si amava o si odiava senza mezzi termini. Dissi a Giuseppe che volevo cantare solo canzoni rock maschili, perché questo mi avrebbe aiutato a non cadere nell’imitazione delle bellissime voci femminili. Lui me lo sconsigliò caldamente e io decisi di abbandonare gli studi. Questo non mi ha fatto bene e nel corso degli anni ho capito che la ricerca di un timbro proprio non dipende dalla 'raucedine' che comunque gelosamente conservo, ma che va utilizzata con criterio. Ci sono canzoni e canzoni e non sempre è necessario sporcare la voce per rendersi riconoscibili. La voce va modellata e modificata in base al pezzo. Questo è il motivo per cui mi sono iscritta all’Accademia di Stefano Jurgens a Roma, per cercare nuovi approcci al canto e lavorare con professionisti come Eleonora Giudizi e Andrea Tosi.”
Ha fatto parte di qualche gruppo o si è sempre esibita da sola?
“Ho fatto parte di moltissimi gruppi. Il primo è stato quello scolastico, poi sono arrivati gli Amandla di Grumo Nevano. La band prese il nome da un album di Miles Davis e si esibì una sola volta. Contemporaneamente a questo gruppo ebbi anche esperienze televisive sulle emittenti TeleA e Canale21 per il festival Italiani nel Mondo e una trasmissione calcistica, poi mi iscrissi all’Orientale e i metallari della Facoltà mi fecero appassionare a questo genere. Arrivarono così gli Obscure, molto inesperti in realtà, ma con cui ebbi l’opportunità di scrivere i testi delle canzoni ed esibirmi durante le prime serate. Dopo gli Obscure arrivarono i Safire con un rock più leggero, i rock blues Lost Values, una band di Frattamaggiore che non ebbe mai un nome, una cover band dei Black Sabbath e poi i Sons of Bullets (S.O.B.), una delle band che ho amato di più. Con i S.O.B c’è stata la soddisfazione di realizzare una demo e di suonare molto in giro, promuovendoci anche attraverso delle web radio. I pezzi sarebbero andati un po’ rivisti, ma ad un certo punto sono mancate le intenzioni. Col senno di poi so che la band sarebbe andata avanti se ci fosse stata costanza da parte di tutti i componenti, ma gli animi e i progetti di ognuno erano molto diversi e decisi di cercare altre situazioni. Io dico sempre che i gruppi sono storie d’amore, quando non si va più d’accordo ci si lascia, ma resta sempre un po’ di amaro in bocca. Con i S.O.B è stato così. Fortunatamente ho ripreso i contatti con loro e ho avuto prova che tutti siamo rimasti molto affezionati. Attualmente sono in una band meravigliosa dal nome After Clay, composta da me, Vincenzo Padovani, Giuseppe De Felice e Alessio Russo. Il gruppo non è ancora stato pubblicizzato, perché attendiamo l’uscita di un album a cui ci stiamo dedicando da un anno e mezzo. I ragazzi sono molto maturi musicalmente e i pezzi sono molto alla mia portata. C’è di tutto, rock, blues, hard rock, ballate romantiche eccetera. Ho pensato comunque di tornare un po’ alle origini, dedicandomi anche a pezzi più pop. È il caso di 'Amo di me', realizzata in collaborazione con i Cono Globalix, Giuseppe e Silvio Tattoli, che stanno per promuovere un proprio cd a cui ho partecipato come corista. Sono persone e musicisti meravigliosi, disponibili sempre e hanno preso a cuore l’idea di aiutarmi a portare avanti un progetto completamente differente dal rock inglese degli After Clay, ma comunque vicino a me e da sperimentare.“
In quale genere si riconosce, quindi?
“Non voglio più avere degli standard, non per ora. Oggi esistono molte contaminazioni, non c’è più solo il rock, il pop, il blues, la musica elettronica, il folk ecc. Oggi si fa di tutto e si deve fare di tutto, purché sia un prodotto di qualità e che arrivi. Per me si chiama sempre musica ed è quello che voglio fare. Indubbiamente non mi allontanerò completamente da quelle che sono le mie origini pop e nemmeno abbandonerò il rock che è un genere a cui devo molto e che continua comunque a rispecchiarmi più degli altri, però non dirò mai più un no secco alle vie di mezzo e alle sperimentazioni. Io devo cercare quello che valorizza e non stanca la mia voce.”
Lei è anche autrice? Che messaggio mette nei suoi testi?
“Sì, ho sempre scritto io i testi delle mie band, però con gli After Clay abbiamo deciso di essere assolutamente democratici, perché ognuno di noi ha qualcosa da dire. Se avessi scritto solo io dodici pezzi forse sarei stata un po’ ripetitiva e non avrei dato da sola il giusto valore ad ogni brano. Un pezzo è una responsabilità e va scritto quando ci si sente di farlo, non a comando. Così ci siamo completati: c’è l’ottica femminile, quella maschile, il brano d’amore, il brano a sfondo sociale e il classico brano che non significa e non vuole significare niente. 'Amo di me' invece è stata concepita con scopi completamente diversi e con l’idea di esternare attraverso la musica quelle che sono le mie forze e le mie debolezze, che poi ho scoperto essere forze e debolezze di molte donne. È stata una soddisfazione quando mi sono resa conto che il brano piaceva a molte ragazze che nemmeno conoscevo e che ci hanno visto una sorta di manifesto dell’essere donna. Avevo un po’ paura di essere tacciata come egocentrica, dato anche il titolo della canzone, mentre con mia gioia immensa ho scoperto che quel doppio, quell’essere entrambi i lati della medaglia è più vicino agli altri di quanto pensassi.”
Quali sono i suoi riferimenti artistici?
“Amo i Queen alla folllia, ma immediatamente dopo vengono Depeche Mode, Sting, Nirvana, Litfiba, Muse, Pink Floyd, Led Zeppelin, U2, RHCP, Guns’N’Roses, Toto, Rem e molte band metal appartenenti sia alla scena musicale scandinava che americana. Potrei fare davvero un elenco immenso di tutti gli artisti rock che amo. Poi però l’altra me adora la bella musica italiana di Mina, Mango, Massimo Ranieri, Minghi e Zucchero. Amo i cantautori come De Andrè, Battiato, Battisti, De Gregori e gruppi e artisti storici come la Pfm, gli Alunni del Sole e Aznavour. Ne ho elencati pochi in realtà, perché davvero non sottovaluto quasi nessuno dei grandi. Il rock è energia, aggressività, ribaltamento e ad un certo punto una parte di me ha bisogno di calma e romanticità.”
Qual è il messaggio che vuole dare quando canta? Questo indipendentemente del testo.
“Uno dei complimenti più belli che ho ricevuto è che sono intensa e che emoziono. Questo è lo scopo primario del fare musica credo: emozionare, arrivare, entusiasmare. Mi dicono sempre che sono un insieme di cose sul palco e in passato si sono complimentati per movenze, look, modo di fare prima che di cantare. Magari all’inizio vorresti essere notata solo per le tue doti vocali, però un cantante è fatto di tante componenti e attualmente non cambierei la mia voce per nulla al mondo, soprattutto non per una vocalità virtuosissima ma senza personalità.”
Progetti futuri?
“Sicuramente finire l’album degli After Clay e continuare il progetto con Giuseppe e Silvio Tattoli.”
Dove è possibile reperire brani e informazioni su di lei?
“Ho semplicemente un myspace http://www.myspace.com/marialberta1 e un canale Youtube.”
Dove ha studiato?
“Sono laureata in Lingue e Letterature straniere all’Orientale e attualmente sono iscritta, ancora in questo ateneo, alla magistrale di 'Lingue e Comunicazione in Area Euromediterranea'. Adoro l’Orientale e non credo che la mia vita avrebbe preso la piacevolissima piega che continua a prendere senza i rapporti e le esperienze che ho vissuto in questa università. Una parte di me non se ne staccherà mai completamente. Quest’anno oltretutto ho iniziato la meravigliosa esperienza con la lingua araba che credevo di non riuscire mai a studiare. Il duro lavoro e la costanza mi hanno invece dato una delle soddisfazioni più belle in ambito linguistico. Voglio continuare, spero di averne l’opportunità, così come voglio continuare a scrivere e documentare soprattutto nel settore musicale.”