Serena Ammendola: “L'Orientale? Una gran bella esperienza”
Serena Ammendola: “L'Orientale? Una gran bella esperienza”
Gli studenti dell’Orientale sfuggono a ogni schematizzazione. Liberi e pronti al confronto
Serena Ammendola, lei si è laureata nel 1997 in Lettere, con indirizzo classico, all’Orientale. Come mai ha scelto proprio questo Ateneo?
“In realtà, come molti allora – nel 1990 – e anche oggi, non sapevo che all’Orientale si potesse studiare Lettere. È stata una scoperta che ho fatto solo dopo essermi iscritta alla Federico II, dove ho frequentato il mio primo anno di studi. Il trasferimento all’Orientale è stato, soprattutto, una scelta determinata dall’attrattiva che esercitò su di me la possibilità di partecipare a campagne di scavo archeologico che seppi aperte agli studenti fin dai primi anni. Il cambiamento si rivelò, in effetti, radicale. Inserita nella realtà della nuova Università, a dimensione umana, mi resi conto, infatti, di essere uscita da un mondo di freddezza e rigore talvolta opprimenti. Ricordo ancora che un docente della Federico II, del quale avevo assiduamente e con interesse seguito il corso, mi escluse da una seduta d’esame solo perché non ero arrivata in tempo in aula...”
È stata una bella esperienza, nel suo insieme? Se lo è stata, perché?
“Una gran bella esperienza. Nell’ottica degli studi, ho avuto l’opportunità di seguire un percorso tradizionale ma con alcune coloriture esotiche, per così dire, che hanno messo le mie esperienze a proficuo confronto con l’altro. Quanto all’aspetto umano, l’arricchimento è stato ancora maggiore, se possibile: ho avuto modo di frequentare persone di diverse origini e provenienze, sono rimasta amica di una ragazza di Calcutta (e l’India è tuttora il viaggio dei miei sogni!), ho conosciuto etiopi, belgi, greci, e ho stretto con loro relazioni amichevoli che mi hanno formato come persona facendomi apprezzare intensamente la straordinarietà dell’incontro tra culture diverse.
Ma diversi – e forse anche grazie all’aria che respirano ogni giorno in quel di Palazzo Corigliano, a Piazza San Domenico Maggiore – sono anche, a mio parere, gli studenti italiani dell’Orientale perché sfuggono a ogni schematizzazione, non sono inquadrati ma liberi, pronti al confronto, interessati a mille cose.”
Chi sono stati i suoi docenti? Quali le discipline più interessanti?
“Tra gli altri ricordo volentieri il professore Bruno D’Agostino, docente di Etruscologia e antichità italiche, un maestro di simpatia e semplicità oltre che un illustre studioso.
Gli devo meravigliose esperienze in campo archeologico, a Chiusi e a Cuma. Ho ancora presente la mia prima esperienza, proprio a Chiusi, in provincia di Siena, uno scavo in una zona di abitato, località Petriolo. Preferisco rammentare il mio secondo giorno di lavoro (nel primo l’inusuale stanchezza fisica soppiantò ogni altra percezione!): il lavoro di gruppo era ben coordinato, attenta l’organizzazione, ero emozionata, mi sembrava di toccare il Passato con le dita. Ogni piccola scoperta creava in tutti noi una forma di trepidazione e suscitava una gioia particolare che nasceva dalla sensazione di collaborare alla creazione della Storia, di ridarle vita.
Molto belle anche le lezioni della prof. Giulia Sacco dalla quale ho ricavato una passione per l’epigrafia e la conoscenza delle istituzioni greche che mi sono tornate utili anche al momento della tesi. Ricche di fascino le lezioni del professore Emanuele Greco, titolare, all’epoca, dell’insegnamento di Topografia dell’Italia antica. Un discorso a parte merita poi il professore Giovanni Cerri, che seguì il mio lavoro di tesi con affettuosa cura.”
Su quale tema ha fatto la tesi? L'argomento le fu suggerito o fu una sua scelta personale?
“La scelta della tesi si orientò in maniera più tradizionale, assecondando la mia vecchia passione per la lingua e per la letteratura greca. Ebbi la possibilità di scegliere fra tre o quattro argomenti diversi e fui attratta dal mondo del teatro. Mi si chiedeva di affrontare il discorso del controllo politico sul teatro nell’Atene del V secolo a.C. Dal lavoro di tesi è scaturito poi anche un articolo pubblicato negli Annali dell’Ateneo, nella sezione filologico-letteraria (col titolo: Limitazioni del diritto di libertà di parola nell'Atene del V secolo e in particolare nel teatro attico).”
Il professore Cerri – che è stato anche Preside della Facoltà di Lettere – è un filologo di grande classe. Può dire qualcosa delle sue lezioni e del suo insegnamento?
“Mi sono laureata con lui all’epoca in cui, se non ricordo male, era Direttore del Dipartimento di Studi del Mondo classico e del Mediterraneo antico, e avevo la sensazione che tra i libri, alla scrivania in biblioteca dove amava mettersi a studiare, fosse molto più felice che in balia degli incarichi istituzionali. Un docente i cui insegnamenti mi sono stati preziosi: dalle sue lezioni – vissute da noi studenti proprio come nell’aula di un Liceo – ho appreso la passione per l’analisi dei testi come unico modo per far sì che essi ci ‘parlino’, la cura e l’attenzione per i dettagli.”
Ha continuato gli studi, in qualche forma, dopo il conseguimento della laurea in Lettere Classiche?
“Non mi sono allontanata subito dal mondo dell’Università. Dopo corsi di perfezionamento e di specializzazione ho vinto nel 2002 un concorso (con borsa di studio) per la frequenza di un dottorato di ricerca in Religioni, Filosofie e Teorie di salvezza. La mia ricerca si è mossa in un ambito particolarmente interessante: è stata un’indagine sulle concezioni dell’aldilà nel mondo greco e romano. Più di tutto, era un’occasione per continuare a studiare, l’attività che tuttora amo di più.
Ho conseguito il titolo di Dottore di ricerca nel 2005.”
Ha conservato rapporti con docenti e laureati dell'Ateneo? Ha tuttora amici che siano stati, come lei, studenti all’Orientale?
“Mi sento ancora legata all’Ateneo dal rapporto che mi stringe ad alcuni docenti – incontrati durante il corso di laurea, nel dottorato o ancora nel momento in cui ho collaborato con la Commissione d’Ateneo per l’orientamento e il tutorato – che con simpatia hanno seguito e continuano a seguire l’evolversi del mio cammino di formazione e di vita. Dall’esperienza di lavoro nel campo dell’orientamento è nato, in particolare, un bel rapporto di stima reciproca con il professore Luigi Mascilli Migliorini che mi ha dato l'opportunità di curare nel 2006 per L’Isola di Prospero, collana di letture politiche da lui stesso diretta, una traduzione della Costituzione degli Ateniesi dello Pseudo-Senofonte.
Ho conservato anche diversi rapporti di amicizia con persone che hanno fatto i miei stessi studi, ciascuno con storie diverse nel mondo del lavoro e con sbocchi più o meno soddisfacenti, ma ognuno orgoglioso delle scelte fatte.”
Ritiene che l'Orientale Le abbia dato qualcosa – in termini di spirito in senso lato – che forse la Federico II non Le avrebbe dato?
“Senz’altro. L’ampio respiro dell’offerta formativa e il panorama internazionale nel quale ci si affaccia fanno la differenza: come essere nati in una città di mare anziché in un paese di montagna, con uno sguardo più lungo, proteso all’orizzonte…”
Qual è il Suo lavoro?
“Sono un insegnante di materie letterarie e di latino, di ruolo, in un liceo scientifico napoletano.”
Se fosse possibile, andrebbe a lavorare all’estero o ritiene di aver trovato una soddisfacente sistemazione, sul piano del lavoro, in Italia?
“Ho preso in considerazione la possibilità di un trasferimento all’estero quando ero più giovane e credo di non avere avuto il coraggio sufficiente per fare quella scelta. Oggi, però, sono contenta di non averlo fatto. Sono soddisfatta del mio lavoro. Mi offre quotidianamente la possibilità di stare a contatto con i ragazzi, continua fonte di vitalità, ai quali mi auguro di contribuire a fornire gli strumenti di crescita in vista di una matura formazione culturale e intellettuale.”
Francesco Messapi