Sergio Sciarelli: "Il consumatore? Deve avere un profilo morale elevato"

 

Sergio Sciarelli: "Il consumatore? Deve avere un profilo morale elevato"

Sergio Sciarelli

Progetto OASI: pubblichiamo una parte dell'intervista rilasciataci dal professore Sergio Sciarelli, ordinario di Economia e Gestione delle imprese e Presidente dell’Accademia di Belle Arti e del Teatro Stabile di Napoli

Professore Sciarelli, che ruolo ha l’azione del singolo, anche proprio quella più quotidiana, rispetto agli effetti generali e dunque rispetto alla ricaduta di questi effetti sulla collettività?

"Il singolo, volendo rimanere nel campo dell’impresa, gioca diversi ruoli nei confronti dell’impresa stessa. Una stessa persona può essere lavoratore, consumatore dei prodotti e consumatore di servizi che l’impresa pone a disposizione. Ciascuno di questi ruoli ha dei profili etici. Diciamo sempre che il consumatore deve essere garantito, deve avere prodotti che siano, sotto il profilo della sicurezza, affidabili, che deve esserci un giusto rapporto qualità-prezzo, perché eticamente deve essere consentita la difesa del consumatore. Reciprocamente, però, il consumatore deve essere eticamente corretto: se compra prodotti contraffatti è chiaro che va a danneggiare l’impresa. I singoli dovrebbero avere sempre un profilo moralmente elevato, sia quando fanno gli imprenditori, sia quando fanno i consumatori, sia quando fanno i finanziatori. In questo campo non esistono regole se non la coscienza individuale.”

Lei presiede, tra l’altro, due importanti e vere e proprie istituzioni, come l’Accademia di Belle Arti di Napoli e del Teatro Stabile di Napoli. Anche in questi casi si va verso un modello d’impresa?

“Assolutamente sì, questo per me è un fatto incontrovertibile. Il concetto è quello dell’efficienza: è un concetto duro che richiede che tutti quanti facciano il loro dovere al meglio: questa è l’unica risposta in termini di etica d’impresa. Se l’etica produce dei costi, l’efficienza produce dei risparmi; quindi un’impresa efficiente, anche in un momento di crisi, dovrebbe avere la possibilità di un comportamento eticamente corretto. Per quanto riguarda le due istituzioni che presiedo, il Teatro Stabile, per esempio, produce rappresentazioni teatrali e, come tutti i servizi pubblici, ha dei contributi da parte degli enti locali. È chiaro che, nel momento in cui miglioriamo l’aspetto dei costi, i contributi si possono anche ridurre. I contributi sono degli oneri della collettività: un servizio pubblico che viene fruito da un gruppo limitato di persone va a carico della collettività. A Napoli ad andare al teatro Mercadante saranno all’incirca diecimila persone, quindi l’efficienza significa smentire il principio della socialità che significa addossare a tutta la collettività oneri per servizi di cui usufruiscono solo una parte dei cittadini. Si tratta, in entrambi i casi, di istituzioni che sono imprese a tutti gli effetti e forse per questo ne sono il presidente. Non sono né un competente di teatro né di arti , anche se mi interessano molto, però non ho certo delle competenze specifiche. Il problema di queste istituzioni riguarda la gestione. Chi le deve gestire: il tecnico della materia o l’aziendalista? Il tecnico della materia deve proporre il servizio però poi ci vuole l’aziendalista che deve far quadrare i conti.”

Per quanto sia vasto il tema, che cosa pensa del cosiddetto Commercio equo e solidale? Sono ravvisabili anche qui, ed eventualmente noti, casi di squilibrio rispetto al progetto etico che anima questo tema?

“Il Commercio equo e solidale si propone di affiancare il commercio tradizionale, cosa sotto un profilo morale molto importante, sotto un profilo pratico estremamente difficile. La concentrazione e la distribuzione dei prodotti, l’importazione e l’esportazione, non sono fatti semplici ma complessi e richiedono grosse organizzazioni, grossi capitali, grosse competenze professionali. Richiede, inoltre, anche una buona logistica perché il problema è anche quello di trasportare merci da paesi a volte lontani. È una realtà apprezzabile e sicuramente molto positiva ma, sotto un profilo di praticabilità, pone sicuramente dei grossi condizionamenti.”

Lei è ordinario di Economia e Gestione delle imprese. È possibile combinare opportunamente principi morali, etici ed economici nella determinazione delle strategie e delle politiche aziendali in un’ottica ambientale?

“Etica ed ambiente vanno perfettamente d’accordo: qualsiasi comportamento ispirato all’etica è anche valido per la difesa ambientale. Il rapporto tra ambiente e impresa riguarda il fatto che, quest’ultima, usa risorse pubbliche rispetto alle quali paga dei tributi: le imposte. In questo rapporto di scambio, l’impresa non deve soltanto pagare alle Stato i tributi ma deve anche investire in ambiente ed etica. L’investimento in ambiente ed etica deve essere complementare rispetto a quello che l’impresa fa nei confronti dello Stato e degli enti locali per le risorse di cui ha bisogno.”

Cos’è il marketing sostenibile?

“Io do una definizione di marketing etico un po’ diversa da quella tradizionale. Per marketing etico viene inteso quello che fa l’interesse del consumatore, dell’acquirente, attraverso la produzione di prodotti sani, sicuri, qualitativamente validi. Ma il marketing etico non è solo questo; il marketing etico fa gli interessi di tutti gli interlocutori aziendali. L’esempio specifico è Walmart, una grande catena di distribuzione americana che vende i prodotti migliori ai prezzi più bassi, facendo l’interesse dei consumatori. Per fare questo, però, paga poco gli operai e strangola i fornitori: questo non è marketing etico. Quindi, il marketing sostenibile è un marketing che può gravarsi di costi che non minaccino l’equilibrio economico. Sostenibilità significa, infatti,trovare il giusto equilibrio tra etica ed economia.”

Nelle Marche funziona il primo condominio ecologico completamente autosufficiente dal punto di vista energetico. Cosa pensa degli impianti fotovoltaici per le energie non rinnovabili come il Sole? Crede che in questo campo ci siano i giusti finanziamenti?

“Non posso che pensarne bene poiché il nostro è un paese che dipende dal petrolio, con tutto ciò che ne consegue. Non avendo energie nucleari siamo un paese fortemente penalizzato. Per quanto riguarda le energie rinnovabili il futuro è il fotovoltaico, un’opportunità che non è stato ancora ben percepita dagli imprenditori e dai cittadini. È un discorso non facile da portare avanti, anche se sarebbe davvero importante farlo. Per quanto riguarda il discorso dei finanziamenti, si tratta di impianti che, se fatti bene, si autofinanziano con la produzione stessa dell’energia. Non è l’aspetto del finanziamento, secondo me, quello più importante.”

A cura di Chiara Pasquinucci

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