Speciale Presidi: Agostino Cilardo

 

Speciale Presidi: Agostino Cilardo

Professore Agostino Cilardo

"I nostri laureati, grazie alla specificità dei loro studi, trovano facilmente collocazione nel mondo del lavoro"

Professore Cilardo, quali sono i suoi programmi per il prossimo biennio? Lei è stato rieletto Preside nel 2009.

"Questo è per me il quarto anno come preside della Facoltà di Studi Arabo-Islamici e del Mediterraneo. Fin dall’inizio ho voluto dare un’impronta segnata dalla massima trasparenza, dall’apertura al dialogo, dal venire incontro alle esigenze di tutti a partire dagli studenti. L’obiettivo di fondo è fare l’interesse esclusivo della Facoltà."
 
Che cosa cambierebbe dell’Orientale?

"Essendo preside di una Facoltà orientalista, essendo uno studioso orientalista, avendo alle spalle un bagaglio di conoscenze del mondo islamico già da prima della mia immatricolazione all’Orientale e volendo studiare lingue orientali quando mi sono iscritto da studente, ho un’ idea precisa della nostra Università. Credo che l’Ateneo debba privilegiare l’orientalismo e tutto ciò che possa avere attinenza con esso. Per esempio, la Facoltà di Scienze Politiche è importantissima, soprattutto se indirizzata alla conoscenza di realtà altre. Bisogna, dunque, dare un taglio orientalistico alle discipline. Questo significa conservare tutte le lingue, dando un posto di rilievo a quelle orientali e mantenere quei corsi che diano una preparazione specifica verso "l’altro da sé", che comprende ovviamente anche l’Europa e non solo Asia, Africa e America."
 
Quali sono gli sbocchi professionali della Facoltà?

"Noi privilegiamo la conoscenza delle lingue e delle culture islamiche. Quindi gli sbocchi professionali sono tutte quelle attività che abbiano una relazione con esse: soprattutto istituzioni internazionali, ma anche istituzioni italiane presenti nel mondo islamico, per esempio i Ministeri degli Esteri, del Commercio con l’Estero e dei Beni e delle Attività Culturali. Non dimentichiamo che la Sicilia è stata governata dagli Arabi per lungo tempo, che c’è stato un principato a Bari e che ci sono moltissimi manoscritti arabi presenti nelle biblioteche italiane: un patrimonio storico e culturale che va tutelato e conosciuto. Altre possibilità sono giornalismo ed editoria di settore. Infine c’è la ricerca, ma in questo caso i docenti devono essere bravi a capire chi possieda una vera attitudine: non basta avere 110 e lode e fare una buona tesi di laurea. Occorre stabilire criteri più selettivi, altrimenti si rischia di avere dottorandi che non sanno fare ricerca. Come vede, ci sono varie strade da intraprendere e i nostri laureati, grazie alla loro specificità, che è unica in Italia, trovano facilmente collocazione nel mondo del lavoro."
 
Come è il Suo rapporto con i rappresentanti degli studenti? È un rapporto costante? Positivo?

"Il mio approccio con gli studenti è di massima apertura e trasparenza. I rappresentanti vengono qui e si discute tranquillamente di qualsiasi questione o problema."
 
Non sarebbe utile monitorare gli interessi culturali degli studenti per organizzare attività formative o stage che rispondano non solo alle loro scelte professionali, ma anche alle loro vocazioni più autentiche?

"Credo che sia molto importante e che andrebbe fatto. Bisognerebbe sentire esattamente cosa vorrebbero; ovviamente questo non vuol dire che si dovrebbe fare ciò che vogliono. È giusto ascoltare le richieste degli studenti e poi valutare."
 
Che cosa pensa dell’Open Access? Crede che l'Orientale stia perseguendo una politica attenta e aggiornata in questo ambito?

"È una cosa molto positiva, anche se c’è un problema di copyright: se mettessi in rete un testo sul quale una casa editrice può vantare un diritto, potrebbe accusarmi di averla danneggiata. Al di là di questo, là dove sia possibile è giusto rendere accessibili i propri testi. Sarebbe molto importante, inoltre, avere un link con il curriculum dei docenti e tutte le attività svolte, anche le più recenti. Io, come molti altri colleghi, ho inserito, sul sito dell’Università, una pagina web con l’elenco delle mie pubblicazioni. È un modo per far conoscere a tutti ciò che si sta facendo. È inammissibile che in Italia ci siano docenti che non pubblicano nulla, perché il loro compito è insegnare e fare ricerca di livello alto. Si deve monitorare l’attività di ogni docente e di ogni ricercatore. Non sono più tollerabili i pesi morti che gravano sia sul bilancio che sul buon nome dell’Università."
  
I nostri dottorandi sono a suo avviso competitivi con quelli formati presso altri atenei, non solo italiani?

"Credo sia necessario essere più rigidi nella scelta e nella formazione dei dottorandi, perché capita che ce ne siano alcuni che andrebbero esclusi già dopo il primo anno.
D’altra parte, il dottorato come titolo pone alcuni problemi: dove è spendibile? Come si pone sul mercato del lavoro? Le imprese lo valuteranno? Si rischia di addottorare persone che mirano solo a restare nell’Università, ma questo è possibile solo per alcuni, i più bravi. Serve una norma che indichi quale è il valore del dottorato, che lo collochi sul mondo del lavoro e che crei un collegamento con realtà professionali esterne. Sulla competitività con altre Università, certamente qui all’Orientale abbiamo ottime scuole dottorali, ma forse non le sappiamo spendere e presentare."
 
A suo avviso, le politiche di diffusione della ricerca effettuata nei nostri dottorati sono efficaci e competitive? Giudica adeguata ai tempi, ad esempio, la visibilità di tali ricerche nel Web?

"All’Orientale c’è una produzione scientifica di rilievo a livello internazionale ma è poco conosciuta. Uno tra i problemi è che alcuni Dipartimenti hanno il codice isbn mentre altri, invece, non ce l’hanno ancora: questo significa che le ricerche pubblicate da alcuni dipartimenti non vengono messe in circolazione. Noi abbiamo una distribuzione che fa capo a Herder, ma a quanto pare non funziona benissimo."
 
Cosa si potrebbe fare?

"Da molti anni propongo di istituire l’Orientale University Press, creando strutture commerciali che abbiano un catalogo aggiornato con i prezzi dei libri e che facciano vendita, in modo da guadagnare direttamente senza intermediari. In questo modo si pubblicizzerebbero a livello nazionale e internazionale le nostre ricerche. Invece, a oggi, abbiamo opere lasciate sugli scaffali che non sono molto note all’esterno.
Occorre ammodernare la ricerca: non soltanto farla bene ma occuparsi anche della sua diffusione. Bisogna muoversi sul mercato perché all’estero il nostro Ateneo è ritenuto di alto livello e c’è grande stima da parte dei colleghi stranieri."
 
Lei parla di ammodernamento. Cosa si potrebbe fare nel campo della didattica?

"Si dovrebbe istituire un corso di laurea magistrale interamente in inglese, da pubblicizzare a livello internazionale, per attirare studenti anche dall’estero."
 
Lei legge libri in formato digitale?

"Sì, li leggo e fortunatamente ci sono molti testi anche in arabo. Quando ho iniziato a fare ricerca ho dovuto girare mezzo mondo, perché non c’era quasi nulla di Diritto Islamico all’Orientale."
 
Che cosa significa, oggi, insegnare materie afferenti al mondo islamico?

"A me piace insegnare la mia materia, Diritto Islamico, che è molto difficile e richiede una vera passione. Non è possibile insegnare una materia se non la si ama e a un certo punto si entra in simbiosi con il tipo di mentalità legato al proprio insegnamento."

Nonostante il momento delicato, c'è una reale possibilità di dialogo tra mondo islamico e Occidente?

"Il dialogo è obbligato. Si tratta in realtà di una categoria più religiosa che civile, dove, invece, ci sono le norme per regolamentare i rapporti tra le persone e tra gli Stati. Sul piano dottrinale (cioè filosofico-religioso) il dialogo dell’Occidente con l’Islam consiste essenzialmente nell’affrontare da parte di esperti un tema specifico, analizzato sotto i vari punti di vista. La conseguenza è che, trattandosi di questioni di fede, si mettono in risalto in questo modo le posizioni diverse. Sul piano sociale, dialogare significa sostanzialmente convivere nel rispetto reciproco, accettando le differenze, sulla base della comune umanità. Infine, il dialogo civile-politico sui grandi valori universali, quali il perseguimento della pace, il progresso civile, la lotta alla fame, l’eliminazione delle disuguaglianze, spinge alla collaborazione di tutti gli Stati su grandi temi generali, che esigono l’impegno di tutti per la loro promozione e salvaguardia. Alla base dei vari livelli di dialogo c’è sempre l’idea che esso serva a evitare il conflitto.
 
Che cosa le piace leggere nel tempo libero, oltre ai libri legati al suo ambito di studio?

"Io leggo tanto e mi interessa soprattutto l’approfondimento dell’ambito religioso; in genere, i libri che preferisco rispecchiano queste tematiche."
 
Che tipo di musica ascolta? Quali sono i suoi autori preferiti?

"Ascolto spesso la musica, e in particolare la classica e l’opera."
 
Un’ultima domanda, con la quale ritorniamo alle sue funzioni: che cosa ha fatto, da quando è stato eletto Preside, di cui va veramente orgoglioso?

"L’unificazione del corso di arabo. Quando sono stato eletto preside c’erano molte lamentele per l’insegnamento dell’arabo, considerato troppo dispersivo in quanto insegnato autonomamente in quattro Facoltà. C’erano docenti a contratto che non potevano avere quella attenzione agli studenti che può avere un docente di ruolo. Da subito pensai di unificare le forze in modo da dare una base solida uguale per tutti, che sarebbe stata successivamente caratterizzata in base agli interessi dello studente. Il primo tentativo fallì perché si volle far decidere i docenti, che però non si accordarono.
Quando sono stato rieletto, il progetto è andato in porto con l’appoggio dei presidi delle Facoltà di Lettere e Filosofia e di Scienze Politiche. Pertanto oggi al triennio c’è una base comune con la divisione dei compiti tra i vari docenti, mentre al biennio gli studenti sono stati divisi in due gruppi: da un lato Scienze Politiche e dall’altro Studi Arabo-Islamici e del Mediterraneo insieme a Lettere e Filosofia.  Gli studenti sono molto soddisfatti perché dicono che in questo modo possono studiare la lingua araba in modo più approfondito. Inoltre, anche per i lettori è stato stabilito uno schema preciso di competenze che ha risolto alcuni problemi organizzativi."

Aniello Fioccola