Viaggio nella storia e nella cultura dell’Iran del Novecento

 

Viaggio nella storia e nella cultura dell’Iran del Novecento

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La professoressa Bianca Maria Filippini dell’Università di Viterbo contestualizza storicamente l’evoluzione della figura dell’intellettuale iraniano nel secolo scorso

Napoli, L’Orientale, 29 Aprile 2010 - Il professor Michele Bernardini dell’Università degli Studi di Napoli "L’Orientale" ha invitato la collega Bianca Maria Filippini dell’Università di Viterbo a tenere una lezione dal titolo La figura dell’intellettuale nell’epoca Pahlavi, alla quale hanno assistito i dottorandi della Scuola in Studi orientali ed africani.
Bianca Maria Filippini, conciliando i numerosi argomenti della sua relazione con il tempo a disposizione, ha offerto una lettura in chiave storico-politica del ruolo della intelligentia iraniana in epoca "modernista" e post-costituzionalista contrassegnata dai sovrani Pahlavi. Parte integrante della lezione sono state domande, curiosità ed osservazioni da parte dei presenti, non ultime quelle dello stesso professor Bernardini, che hanno dato luogo ad un attivo e vivace dibattito.
L’analisi della figura dell’intellettuale in Iran ha posto in rilievo come la svolta notevole sia avvenuta, proprio nel XIX secolo, quando è stato riconosciuto il prestigio sociale e la professionalità di questa élite, in particolar modo dopo il distacco dalla corte e dalle istituzioni religiose, il cui dispotismo si era esteso anche e soprattutto all’ambito culturale. Tale processo si associa inevitabilmente al destabilizzante incontro dell’Iran con il mondo europeo, fino al secolo prima ritenuto quanto di più estraneo e distante si potesse concepire.
Nel corso della lezione è stato sottolineato, tra l’altro, come un anno cruciale dal punto di vista storico, quindi culturale, sia stato il 1941: dopo l’abdicazione di Reza Shah Pahlavi, salito al potere con un colpo di stato nel 1926, che pure aveva rivoluzionato il clima iraniano e riformato il sistema scolastico mutuando i curricula dell’Occidente, si accentua la libertà di espressione da parte degli intellettuali, la stampa vive un boom senza eguali e nasce il Partito Comunista, il Tūdeh.
In ambito letterario quest’aura di modernità trova il suo apice in una nuova e riconsiderata percezione di sé, soprattutto esplicata attraverso un’“egemonia dell’autore”, simbolo della prospettiva ideologica attraverso la quale l’intelligentia si distingue. Molto interessante il riferimento della prof. Filippini ad un autore in particolare, Jalal Al – E Ahmad, che nel 1962 pubblica Gharbzadeghi, reso in italiano col termine "Occidentosi", proprio a designare quella malattia che porta ad un’esterofilia modaiola come conseguenza di una mancata conoscenza delle proprie tradizioni. Questa resistenza all’Occidente, secondo lo scrittore, deve avere i suoi capisaldi negli intellettuali i quali, insieme con gli ‘Olama, i tradizionali detentori del potere religioso, costituiscono il vero e proprio “vaccino” contro il male europeo.
Per mostrare ulteriormente quanto il panorama letterario iraniano del '900 sia intriso di modernità, Bianca Maria Filippini conclude ricordando il rapporto tra cinema e letteratura negli anni '60: attraverso la forza delle immagini, intrinsecamente più immediata rispetto a quella del testo scritto, gli autori, attraverso sceneggiature o adattamenti ad opere letterarie, sperimentano tutte le strade per far sentire la propria voce.

Luisa Lupoli

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