XXXV Convegno della Società Italiana di Glottologia: intervista a Carlo Consani

 

XXXV Convegno della Società Italiana di Glottologia: intervista a Carlo Consani

"Il mio auspicio per l'Università italiana? Veder riconosciuto il carattere imprescindibile della ricerca scientifica"

Professore Carlo Consani, che cos'è la linguistica?

"Per rispondere in maniera accademica, la linguistica è la scienza che si occupa dei problemi del linguaggio, della comunicazione, delle strutture mentali che sottostanno a questi e dei comportamenti che da questi derivano.
Questa è la classica risposta che si trova in un qualsiasi manuale di linguistica. Ognuno di questi aspetti può naturalmente essere ulteriormente approfondito verso direzioni di ricerca molto diversificate. In linea generale oggi è particolarmente vivo l'interesse per le strutture cognitive che sottostanno all'acquisizione e alla produzione del linguaggio, ma accanto a questa linea abbastanza innovativa non è mai venuto meno l'interesse per l'analisi delle strutture linguistiche delle singole lingue viste sia sincronicamente che negli sviluppi storici.
Più recente è invece lo sviluppo di un approccio alle lingue che, al di là degli aspetti sistematici, immutabili e costanti, tipici sia dello strutturalismo che della grammatica generativa, privilegia lo studio della variabilità linguistica connessa con l'individuo calato nelle concrete situazioni comunicative; in questa linea è centrale la considerazione del parlante come membro di una società organizzata, al centro di molteplici scambi, rapporti, e condizionamenti e, quindi, dell'uso del linguaggio come strumento di interazione sociale."

Che cosa consiglia di leggere a un giovanissimo linguista?

"Beh, di trascurare i manuali di linguistica perché lì troverebbe risposte come quella che le ho appena dato poc’anzi. Nell’affrontare grandi tematiche, egli si troverebbe immerso in un mare di aperture e di stimoli senza riuscire a venirne a capo. Io gli consiglierei di leggere qualche saggio su tematiche specifiche, relative a problemi connessi con uno qualsiasi dei livelli di articolazione linguistica, ma anche qualche libro di etnolinguistica o di filosofia della scienza. Per fare un esempio concreto, potrei consigliargli qualche libro di Giorgio Raimondo Cardona, un linguista scomparso da poco più di dieci anni, che grazie alla ricchezza degli stimoli e delle aperture che è in grado di offrire costituisce un'ottima dimostrazione del famoso principio jakobsoniano linguista sum et nihil linguistici a me alienum puto.
In ogni caso consiglio di affrontare la linguistica sempre a livello di singoli problemi perché soltanto in questo modo si può rispondere a domande e a problematiche più vaste”.

Che spazio ha la linguistica nella Sua Università?

“Nel mio Ateneo e nella mia Facoltà la linguistica trova un notevole spazio: trattandosi della Facoltà di Lingue e Letterature straniere è ovvio che la Linguistica abbia molta importanza; questa disciplina appartiene a pieno titolo alla struttura dei nostri curricula ed è un’attività formativa di base.
Si tratta infatti del prerequisito indispensabile per capire come funziona una lingua naturale ed per avere la giusta dimensione nell'affrontare lo studio delle lingue straniere. Oltre alla linguistica generale troviamo anche gli insegnamento connessi di carattere più specifico come la linguistica applicata, la sociolinguistica e, con accentuazione diacronica, la glottologia.
Da linguista posso quindi ritenermi soddisfatto nel vedere il ruolo che questa disciplina riveste nella Facoltà di lingue."

Che applicazione potrebbe trovare la linguistica e che cosa non si fa per favorirne la migliore conoscenza possibile?

"La linguistica dovrebbe trovare uno spazio maggiore soprattutto per quanto riguarda la formazione scolastica pre-universitaria. A mio parere lo studio della linguistica dovrebbe essere attuato già a partire dalle scuole elementari e medie proprio per dare la dimensione di che cosa sia la lingua e quali siano i meccanismi linguistici al di là dell’uso che ne fa il parlante ingenuo.
Quindi io direi che già molto prima di arrivare all’università si dovrebbe insistere su un’educazione alla linguistica."

Cosa è cambiato nello studio della linguistica da quando lei ha cominciato a fare ricerca?

“La mia formazione si è attuata presso l'Università di Pisa e all'inizio ho operato presso la Facoltà di Lettere soprattutto in ambiti di ricerca connessi con le lingue classiche come il latino, il greco, il sanscrito; l'approccio era quello che oggi viene riassunto sotto l'etichetta abbastanza approssimativa di linguistica storica. Tuttavia devo ricordare come il mio maestro, Tristano Bolelli, sia stato uno dei primi in Italia ad obbligare i giovani che si formavano alla sua scuola ad essere per lo meno informati di entrambi gli approcci, quello storico e quello sincronico e ricordo ancora il mio seminario di Glottogia II sulla nozione di monema nell'opera di Martinet.
Per me iniziare a lavorare, più di venti anni fa, in una Facoltà di Lingue ha significato modificare anche le prospettive di ricerca e soprattutto fare un tuffo nelle problematiche delle lingue vive: da qui è scaturito il tentativo di applicare la visione coseriana del sistema linguistico come un insieme di variabili anche alle lingue note soltanto attraverso documentazione scritta.
Scoprire come questa prospettiva potesse dare dei risultati insperati è stata una grande soddisfazione; io mi occupo soprattutto di linguistica greca e di lingue e scritture dell'Egeo del II e del I millennio a.C. e poter provare l’applicazione dei concetti della diversità diafasica o di quella diastratica ad una documentazione scritta per me è stata una sorpresa felice ed è ciò che ritengo sia di più vitale nella mia ricerca."

A suo avviso la linguistica andrebbe insegnata nelle scuole superiori?

“Credo di aver già in parte risposto a questa domanda: quando si arriva all’università si dovrebbe avere già una formazione linguistica, anche fosse soltanto per la propria lingua materna; questo sarebbe poi un aggancio per lo studio delle altre lingue e il confronto interlinguistico stimolerebbe molto una riflessione metalinguistica."

Trova adeguato al quadro internazionale il livello di studio della linguistica in Italia?

"Credo di sì. Qualche giorno fa scorrendo la home page della nostra Associazione, la Società Italiana di Glottologia, mi sono sorpreso nello scoprire che dei cinque dei premi previsti per i giovani linguisti dalla Società Europea di Linguistica, tre sono stati assegnati a degli studiosi italiani anche se alcuni di questi non lavorano in Italia. Ciò è indicativo del fatto che i curricula universitari e, in particolare, le scuole di dottorato italiane danno una preparazione ben adeguata al quadro europeo."

In quale contesto internazionale lo studio della linguistica è particolarmente vivace?

"Dipende dall’approccio che vogliamo seguire. Per quanto riguarda la linguistica cognitiva, nell’ambiente anglosassone questo è un campo notevolmente sviluppato, anche se pure in Italia esistono ottime scuole e centri di ricerca che si occupano di questo tipo di linguistica.
Se si parla di linguistica diacronica, la Germania, l'Italia e la Spagna appaiono come i paesi in cui c’è una tradizione ancora molto vitale che sviluppa ricerche sia di carattere teorico che di linguistica storica nei singoli domini linguistici. Per quanto riguarda la sociolinguistica, pur essendo questa disciplina nata in America alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, si è fortemente sviluppata in quasi tutti i paesi europei, trovando tra l'altro in Europa e soprattutto in Italia e in Francia l'apporto della tradizione di studi nel campo della dialettologia, che oggi è sempre più difficilmente separabile in maniera netta dalla sociolinguistica. Quindi si può dire che la maggior parte di questi filoni di ricerca in cui si articola la linguistica abbiano oggi raggiunto un carattere marcatamente internazionale."

Quale Università, in Italia, brilla particolarmente per gli studi in campo linguistico?

"Io conosco per esperienza diretta le università di Pisa, Pavia, Udine e Napoli e tutte hanno ottime scuole di linguistica."

Può dirci il nome di almeno un linguista italiano per il quale ha o ha avuto particolare considerazione?

"Le faccio ancora una volta il nome di Cardona, per non far torto a nessuno dei viventi. Si tratta di un grande linguista e sociolinguista, la cui prematura scomparsa ha lasciato a mio parere un vuoto profondo nel panorama della linguistica italiana. Ricordo la ricchezza e gli stimoli che venivano dagli scambi e dalla frequentazione con lui, iniziati per me dai primi anni '80, e credo di poter dire che, pur non essendo stato suo allievo, ho imparato moltissimo sia dalla sua parola che dalle sue opere."

Quale delle cose che ha scritto la rende particolarmente orgoglioso?

"Alcuni lavori che dimostrano l’applicabilità di alcuni principi della moderne teorie linguistiche alle lingue antiche in modo particolare al greco e alla dialettologia greca. Tra questi ricordo i lavori che ho dedicato agli errori di scrittura degli scribi micenei e minoici, a partire dai quali mi è stato possibile tentare di ricostruire l'approccio che questi personaggi avevano con i testi che scrivevano, con la pratica stessa della scrittura e le riflessioni metalinguistiche che da queste operazioni scaturivano.
Questi continuano ad essere per me i lavori più significativi e che hanno ricevuto anche maggiori consensi dalla comunità scientifica."

Quali sono le domande più frequenti che i suoi studenti le rivolgono?

"Beh, mi chiedono cosa ci voglia per entrare nella prospettiva della linguistica e, insegnando all’università, sentire questa domanda non è una cosa consolante. Questo dimostra l’esigenza e la necessità di fare quel lavoro di educazione linguistica che purtroppo non viene fatto nei livelli scolastici pre-universitari."

Come vede il futuro della Università pubblica in Italia?

"Non ne parliamo: nero, nerissimo! Alla luce degli ultimi sviluppi non credo si tratti solo del disegno di legge Gelmini che è una vera e propria improvvisazione fatta da dilettanti e non da persone che conoscono ed hanno a cuore le sorti dell’università pubblica. Mi riferisco soprattutto ai tagli delle risorse complessive destinate al sistema della formazione che sono colpi mortali alla scuola e all'università; è di questi giorni la notizia di un taglio di più del 3%, cui l'anno prossimo se ne aggiungerà uno del 6% e rotti, al fondo di finanziamento ordinario: una diminuzione di quasi il 10% alle risorse destinate all'università significa mettere in ginocchio un sistema che versa già di per sé in cattive condizioni."

Che cosa sta leggendo in questo periodo?

"A parte l'esperienza, che non avevo fatto prima d'ora, di leggere intere parti di un dizionario etimologico del greco uscito tre mesi fa, e questo in vista del Congresso sull'etimologia, sto leggendo il testo della traduzione greca della Bibbia in vista di un lavoro sulle caratteristiche linguistiche della koinè usata nella versione dei LXX."

E che cosa sta scrivendo?

"Oltre all'abbozzo di un lavoro che cerca i determinare se il greco usato nella versione dei LXX fosse un greco di tipo palestinese, cioè parlato da parlanti che avevano l'ebraico come lingua materna, destinato ad un nuovo Handbuch zur Septuaginta, sto lavorando all'analisi di alcuni nuovi testi epigrafici greci di particolare interesse dialettologico, soprattutto per le problematiche dell'interferenza fra dialetti diversi e fra dialetti e koinè."

Riscriverebbe tutto ciò che ha scritto?

"Beh, sì. Forse con l’esperienza di oggi lo scriverei meglio."

Che cosa le piacerebbe scrivere in un futuro lontano?

"Mi piacerebbe poter finire il lavoro sulle scritture del mondo egeo in modo particolare quello inerente alla situazione cipriota tra II e I millennio a.C., una transizione su cui credo ci sarebbe qualcosa di importante da dire. Purtroppo però ci vorrebbero un paio di anni sabbatici e l'otium che favorisce la riflessione ed il lavoro... tutte cose che oggi la vita nell’università permette sempre di meno."

Un auspicio di Carlo Consani per l'Università italiana.

"Il mio auspicio è che l’università pubblica italiana possa liberarsi dai condizionamenti del Ministero dell'Economia, che possa trovare un ministro competente e che sappia riconoscere il carattere imprescindibile della ricerca scientifica nell'insegnamento universitario."
 

Intervista raccolta da Raffaella Sbrescia - Direttore: Alberto Manco

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