Donne che hanno saputo dire basta
Donne che hanno saputo dire basta
Il velo? Ce l'abbiamo noi davanti agli occhi
Le identità e le culture: le donne nel mondo arabo è il titolo della conferenza tenutasi mercoledì 1 dicembre presso l'Aula Magna della Facoltà di Sociologia dell'Università di Napoli “Federico II”: la seduta è stata aperta da Anna Maria Di Tolla che ha cominciato proprio con l'analizzare i rapporti possibili tra identità e cultura soffermandosi in particolare su come il singolo possa riconoscersi ed affermarsi solo accettando l'esistenza dell'“altro”.
L'importanza di tali rapporti è stata poi approfondita da Francesca Maria Corrao la quale, dopo un breve excursus sulla diffusione dell'Islam in epoca Medievale e sulla modernizzazione ad essa legata, ha cercato di sfatare alcuni dei più famosi luoghi comuni legati a questa religione: primo fra tutti quello riguardante il tanto discusso velo.
La Corrao infatti ha tralasciato la solita indagine sul velo, tra simbolo di sottomissione femminile e tratto religioso-culturale, per portare alla luce un aspetto molto meno blasonato come quello della sua origine: si tratta infatti di un'usanza preislamica, addirittura attribuibile ai cristiani, che si sviluppa prendendo come modello di virtù la Madonna stessa.
L'attenzione è stata poi rivolta a tutte quelle ingiustizie di cui sono state e sono tuttora vittime le donne del mondo islamico ma, pur riconoscendone la drammaticità, la Corrao ha cercato di mostrare come queste costituiscano semplicemente la punta dell'iceberg di un problema molto più profondo, complesso, radicato come quello della povertà. Si tratta di una questione assolutamente evidente che tuttavia non trova la giusta risonanza: “il velo lo mettiamo noi – afferma la Corrao – sui nostri occhi”.
A questo discorso si lega poi quello che riguarda la cultura araba snobbata in toto in quanto ritenuta di poco valore, poiché prodotta da popoli considerati sottosviluppati: i libri ad esempio, ci dice la docente, spesso sono introvabili qui in Italia perché non hanno nessuna distribuzione, non interessano a nessuno.
La seduta si è poi conclusa con la lettura di alcune poesie di poetesse quasi sconosciute finanche nei loro stessi paesi d'origine; si tratta di donne emancipate che risultano come pericolose nel mondo islamico in quanto formatesi all'estero, in quanto occidentalizzate e che proprio per questo vengono boicottate con la scusa che non possono essere capite finché non scriveranno in arabo.
In realtà questi testi, rivoluzionari nella forma quanto nel contenuto, sono fortemente temuti poiché hanno il potere di smuovere le coscienze: quelle di Nazik Al-Malaika, Etel Adnan, Fawziyya Abu Khalid, Maram al-Masri e molte altre sono poesie di denuncia sociale piene di rabbia, sono urla di dolore di donne che hanno saputo dire basta.
Francesca De Rosa