È morto Mario Agrimi
È morto Mario Agrimi
Venerdì 23 luglio 2010 - Il professore Agrimi è deceduto a Roma. Le sue condizioni si erano inaspettatamente aggravate nel volgere di poche ore. Dolore e amaro senso di sorpresa all'Orientale. Il Rettore Viganoni: "L'Orientale ha perso uno dei suoi padri"
Mario Agrimi è morto in un ospedale di Roma dove era ricoverato da giorni per problemi di salute improvvisamente precipitati. Studioso insigne del pensiero di Giambattista Vico, filosofo morale brillante, direttore di riviste filosofiche, per lunghi anni membro del Comitato scientifico dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani. All'Orientale, in particolare, era stato Direttore del Dipartimento di Filosofia e Politica, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e infine Rettore. Un rettorato che si risolse in un solo mandato anche a causa dei raggiunti limiti di età, che per il professore Agrimi erano un fatto quasi solo di natura burocratica: chi l'ha conosciuto sapeva bene quanto la sua vitalità contrastasse con gli anni segnati sulla carta di identità.
Il Rettore dell'Università "L'Orientale", Lida Viganoni, non nasconde il dolore che la notizia le ha causato: "Ero molto legata a Mario Agrimi. Lo conoscevo da trent'anni. L'Orientale ha perso uno dei suoi padri. Sicuramente. Era un grande studioso ma era andato oltre, occupandosi anche di altro, e lo aveva fatto per il nostro ateneo. È stato un rettore che ha saputo incidere lasciando un segno netto, di superamento, di rinnovo, di cambiamento. Ha lavorato molto bene. È stato molto amato, da tutti. Ha svolto il suo incarico con un impegno non comune. Lo ricorderemo perché ha dato inizio a una svolta che altri hanno avuto poi la possibilità di portare avanti. Anche quando non è stato più rettore ha continuato a seguire le vicende dell'ateneo da vicino".
Il Rettore si sentiva di frequente con Mario Agrimi, e aveva continuato a farlo nei giorni scorsi. Oggi dichiara di averne un ricordo che già era indelebile e resterà tale. E poi, una testimonianza che tratteggia con precisione la personalità del collega scomparso: "L'ultima volta che l'ho sentito, nei giorni scorsi, era stato per sapere come stesse. Aveva avuto un incidente e doveva stare a riposo. Gli ho chiesto come andasse e mi ha risposto con la sua consueta energia: 'Non preoccuparti di me, dimmi piuttosto dell'Orientale!'. Agrimi era così. Fino all'ultimo".
Un ricordo, quello del Rettore Viganoni, che si chiude con le parole di chi sa di aver perso un amico: "Ci volevamo molto bene. Molto. Ricorderò sempre il suo 'Evviva!'. Ci ha uniti una grande stima reciproca, e l'amicizia. Una grande amicizia".
Anche Pasquale Ciriello, che fu Rettore dell'Orientale proprio dopo la conduzione di Mario Agrimi, ne ha un ricordo lucido: "Ci conoscevamo dall'inizio degli anni Ottanta. L'ho visto l'ultima volta a Roma qualche mese fa in stazione e, per la prima volta, non mi era parso il solito Mario Agrimi. Certo, gli anni li aveva tutti, eppure eravamo abituati alla sua energia incontenibile. Ma, appunto, in quella occasione l'avevo visto un po' incerto nel passo, come se qualcosa non andasse".
Ciriello, oggi deputato al Parlamento, ricorda la vitalità estrema di Agrimi, e la dedizione totale che egli aveva sempre riservato all'Orientale: una dedizione che sostanzialmente non aveva mai mollato nemmeno dopo il pensionamento: "L'ho continuato a sentire per i sette anni del mio rettorato. Sentiva il nostro ateneo come parte di sé. Ricordo la sera in cui fu eletto rettore, nel 1998. Non ero presente perché quel giorno coincideva con il compleanno di mia figlia. Fu lui a chiamare me: un gesto di grande sensibilità che mi impressionò molto. In quella telefonata capii davvero che quell'elezione coincideva con una sua precisa aspettativa, un'aspettativa che aveva una profonda logica. A voler riassumere, potrei dire che si trattava del compimento di una parabola, un compimento che gli era chiaro".
Nel ricordo di Ciriello c'è spazio anche per un efficace schizzo del temperamento di Agrimi: "Agrimi aveva una acutezza particolare nei rapporti umani. Certamente sapeva essere ruvido con i colleghi, ma lo faceva quando vedeva compromessa quella che secondo la sua opinione era la direzione più consona all'Orientale. Arrivava anche ad essere brusco. Poi però recuperava, e lo faceva rapidamente. I colleghi talvolta erano spiazzati da questo modo di essere, ma lo rispettavano. Agrimi, a voler sintetizzare, era una specie di fratello maggiore che meglio di altri aveva saputo incarnare, in ateneo, la figura di guida".
Ma poi, tornando al profilo accademico del professore Agrimi, Ciriello ne ricorda le straordinarie qualità politiche: "Come Rettore credo che avesse ben chiara quale doveva essere la direzione dell'Orientale. La tradurrei così: il core-business del nostro ateneo è l'orientalistica, questo è chiaro. Ma i modi di servire quest'area di interessi, se così la posso definire, sono meno scontati e lineari di come possa apparire. Agrimi, che pure non era un orientalista, aveva fatto delle scelte che non snaturassero il DNA dell'Orientale e che, appunto, tenessero conto della missione della sua Università".
Decisamente più personale, per motivi derivanti da ragioni e storie diverse come ad esempio le comuni origini leccesi, il ricordo del professore Francesco De Sio Lazzari, oggi non più in servizio ma storicamente vicino ad Agrimi, e in particolare fino all'ultimo in questi giorni. Egli ricorda come in occasione della sua elezione alla massima carica dell'Ateneo Agrimi avesse segnato, in un certo senso, l'apertura del rettorato a tutti: "In particolare, ricordo che mi disse immediatamente che bisognava aprire alla Facoltà di Lingue e Letterature straniere del nostro ateneo, affinché non vi fossero steccati tra le Facoltà".
Non a caso, probabilmente, Agrimi nominò Lidia Curti prorettore. Era entusiasta, in quel momento, anche della Facoltà di Scienze politiche, che aveva lanciato da poco tempo il corso di laurea in 'Scienze internazionali e diplomatiche' (si era nell'anno accademico 1997-98).
E, di nuovo, è il ricordo personale che in una circostanza come questa prende più spazio di altri: "Agrimi era soprattutto una persona che non potrò dimenticare. Aveva una forte carica di umanità. In occasione della morte di mia madre gli spedii un libretto che avevo fatto pubblicare in sua memoria. Mi rispose dopo due mesi con una bellissima lettera, che ho citato in un mio libro, L'impossibile indifferenza".
Agrimi in effetti è stato un uomo che stava fuori dalla coordinate consuete. In particolare, egli era convinto che ogni cosa avesse un valore politico. Aveva una visione politica di tutto.
Per De Sio Lazzari, Mario Agrimi apparteneva a una generazione che va scomparendo: "Ampiezza di orizzonti culturali, forte interesse per la politica come mezzo per rendere più democratica e più giusta la società. Era un uomo di un altro stampo. Un uomo di tempi ormai passati". Alla richiesta di chiarire questo passaggio, De Sio Lazzari ricorre a un esempio tanto semplice quanto sorprendente: "Vorrei ricordare una cosa che può sembrare di poca importanza, ma che a me appare assai significativa. In tanti anni, non è mai stato possibile offrirgli una cena. Mai. Eppure, la mia esperienza con altri colleghi mi ha purtroppo portato a dover constatare che di solito avviene esattamente il contrario... Non è facile, oggi, trovare una signorilità e uno spessore umano come quelli che sono stati di Mario Agrimi".
Contattata dal Magazine per una dichiarazione, la professoressa Rossella Bonito Oliva, Direttore del Dipartimento che forse Agrimi ebbe a cuore più di qualunque altro, quello di Filosofia e Politica, pure appare molto colpita dalla notizia: "Lo conoscevo da molti anni. Dapprima l'avevo visto in occasione di vari convegni e poi, più direttamente, quando sono stata chiamata come vincitrice di un concorso all'Orientale. Era una persona degna di rispetto".
E, come per una giostra che conclude sempre il suo giro allo stesso punto, scopriamo che una delle ultime visite di Agrimi all'Orientale era avvenuta nelle scorse settimane proprio nel Dipartimento di Filosofia e Politica in occasione di una relazione per un dottorato. "Agrimi era rimasto sempre molto vicino al nostro Dipartimento, e partecipe", continua la professoressa Bonito Oliva. "Continuava ad essere direttore della rivista 'Studi filosofici' da noi pubblicata, che da poco aveva superato il traguardo del trentesimo volume, e si informava di continuo sulle nostre vicende. È stato un uomo molto generoso e con una visione politico-culturale ampia. Per quanto riguarda il settore filosofico, devo dire che lo ha sempre sostenuto molto, con grande e profonda convinzione".
Le testimonianze per Mario Agrimi potrebbero continuare. Certo, è vero: per chi lo conosceva sarà difficile dimenticare il suo "Evviva!", il suo passo convincente, le rapide volute del pensiero, le chiusure sorprendenti del suo lucidissimo ragionare.
Alberto Manco