I mille volti di Napoli: lusso e consumi nel XVIII secolo

 

I mille volti di Napoli: lusso e consumi nel XVIII secolo

Re Carlo in un ritratto di Giuseppe Bonito, pittore napoletano

Presentazione del volume Il lusso “cattivo”. Dinamiche di consumo nella Napoli del Settecento di Alida Clemente all'Orientale

Nell'Aula del Consiglio di Palazzo Giusso Alida Clemente ha presentato il volume, editato da Carocci, Il lusso “cattivo”. Dinamiche di consumo nella Napoli del Settecento.

Ad introdurre la presentazione è stato Paolo Frascani, docente della Facoltà di Scienze Politiche dell'Orientale, che a proposito di quello della Clemente ha affermato tra altro che si tratta di un libro di storia economica nel quale si analizza il consumo in modo concreto, ponendo il bene al centro del discorso, anche dal punto di vista culturale.
Frascani ha poi passato la parola a Vincenzo Giura, docente di Storia economica dell'Università Federico II, per il quale il libro si inserisce nella polemica sul lusso, condannato da sempre come immorale. Nel Settecento, invece, non veniva assunta alcuna posizione moralistica: paradossalmente, è proprio il lusso, insieme all'egoismo e alla corruzione, a far muovere l'economia, come affermava Bernard Mandeville nella sua opera di aforismi La favola delle api - vizi privati e pubbliche virtù.
Giura è andato poi nel dettaglio, affermando anche che l'autrice è partita nella propria analisi dagli anni Settanta del secolo scorso, periodo dell'apogeo e del declino del consumo di massa, in cui i consumi si sono segmentati e i gusti si sono individualizzati, con una conseguente divaricazione dei redditi e una “perdita della dignità” da parte del ceto medio, che ha visto diminuire i propri consumi. Passando alla Napoli del Settecento, l'autrice ha sottolineato nella propria opera il ruolo fondamentale del lusso, in particolare nella corte di Carlo di Borbone, prima, e in quella di Ferdinando e Carolina, dopo, nella quale veniva visto come uno status symbol. Ma il lusso non era solo una prerogativa della nobiltà, bensì del ceto medio: questa era la grande peculiarità della città partenopea, rispetto al resto del Regno. La parola è passata di nuovo a Frascani, che ha letto le impressioni di Annamaria Rao, docente dell'Ateneo federiciano, che non ha potuto essere presente all'evento. La Rao ha apprezzato il coraggio dell'autrice di irrompere nel Settecento napoletano andando contro gli stereotipi.
In seguito è intervenuto Biagio Salvemini, dell'Università di Bari, che ha mosso diverse critiche all'autrice. In particolare, ha contestato il metodo utilizzato, quello dei “grandi squarci”, criticando l'utilizzo di formule a suo giudizio “violentemente riassuntive”. Inoltre, ha affermato che la Clemente è andata controcorrente, in quanto nel suo volume si è posta delle domande simili a quelle della storiografia degli anni Settanta. Ne ha comunque apprezzato la peculiarità e il coraggio documentario e descrittivo.
Alida Clemente ha ringraziato i presenti e ha preso la parola, rispondendo anche alle critiche di Salvemini. L'autrice ha dichiarato di apprezzare molto gli storici e gli economisti anglosassoni citati da Salvemini, pur nutrendo dei dubbi nei loro confronti, ma ha evidenziato il fatto che la realtà della Napoli del XVIII secolo era completamente differente, sottolineando la propria volontà di analizzare la società e l'economia dell'epoca, attraverso l'utilizzo di documenti, come i testamenti e gli inventari post-mortem.
Al di là delle critiche e dei gusti personali, ciò che è importante sottolineare di questo volume è il fatto che si tratti di un'opera aperta, che lascia molti quesiti irrisolti al lettore e che, soprattutto, dimostra un grande relativismo da parte dell'autrice che non condanna il lusso a priori, ma cerca di comprenderne l'utilità e l'importanza, senza accenti moralistici.

Laura Zullo

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