Intervista a Elda Morlicchio

 

Intervista a Elda Morlicchio

La professoressa Elda Morlicchio

“Federico Albano Leoni è stato il mio maestro, quello che mi ha fatto innamorare della linguistica storica, della storia della lingua e delle lingue germaniche in generale”
 

Professoressa Morlicchio, lei partecipa a una giornata di studi in onore di Federico Albano Leoni. Chi è Federico Albano Leoni?

"Per me Federico Albano Leoni significa molto, è stato innanzitutto il mio maestro, la persona che ho conosciuto al secondo anno di università a 19 anni, ed è quello che mi ha fatto innamorare poi della linguistica storica, della storia della lingua e delle lingue germaniche in generale. Rappresenta quindi una figura presente da sempre nella mia vita di studentessa prima e di studiosa poi."

Come mai è stata organizzata questa giornata di studi con Federico Albano Leoni?

"I motivi sono diversi: Albano Leoni è stato circa trent’anni qui a Napoli, ha insegnato anche qualche anno a Salerno, ma poi dal '74 -'75 è stato professore alla Federico II ed è rimasto alla Federico II fino al 2005, anno in cui si è trasferito alla Sapienza di Roma come successore di Tullio De Mauro, tornando così al punto di partenza cioè all'università in cui si era formato. Questo è però anche il suo ultimo anno di attività didattica e ci sembrava giusto che la città a cui lui per trent'anni ha dato tanto con la sua presenza sempre attiva ed incisiva per quello che riguarda la vita culturale, lo salutasse e lo festeggiasse. Il simbolo che abbiamo adoperato come logo per questa giornata è ispirato al fenomeno della Prima Mutazione Consonantica, la Prima Legge di Grimm: si tratta di un fenomeno che ci ha spiegato ai corsi di Filologia germanica, ricordo che nel manuale di linguistica storica uno dei primi argomenti era proprio la linguistica dei neogrammatici, e la rappresentazione di questo fenomeno di consonantismo delle lingue germaniche rispecchia in qualche maniera la rotazione avvenuta nel suo passaggio da Roma alla Svezia, dove si spostò all'inizio della sua carriera, per arrivare poi a Napoli e tornare quindi a Roma da dove era partito come studente: adesso il cerchio si è chiuso."

Da dove nasce la sua passione per le lingue e le culture straniere, in particolare per quella tedesca?

"Direi che qui sicuramente hanno giocato un ruolo fondamentale i miei maestri: quando ci si iscrive all'università ci si iscrive avendo spesso le idee non proprio chiarissime su quello che sarà il proprio futuro. Io avevo una grande curiosità per le lingue straniere perché per motivi familiari avevo spesso avuto occasione di venire a contatto con stranieri e in particolare inglesi e tedeschi, e questo un po' aveva fatto nascere in me un certo interesse per queste lingue e per queste culture. In realtà poi la passione per la dimensione storica e per la diacronia è venuta ovviamente grazie alle lezioni di Albano Leoni, in primo luogo, e anche di altri docenti che in quegli anni insegnavano alla Federico II come Francesco Bruni, storico della lingua italiana, Alberto Varvaro, filologo romanzo: è stato proprio attraverso le loro lezioni che io mi sono appassionata a tutto quello che concerneva la storia della lingua. Per quanto riguarda invece la mia passione per il tedesco lo zampino ce l'ha messo il professore Luciano Zagari, docente di letteratura tedesca che è stato a lungo professore anche qui all'Orientale con le sue meravigliose e indimenticabili lezioni."

Dal 1993 collabora alla redazione del Lessico Etimologico Italiano, diretto da Max Pfister e Wolfgang Schweickard su incarico della Mainzer Akademie der Wissenschaften und der Literatur: di cosa si occupa nello specifico e quali sono le difficoltà riscontrate?

"Questo è un progetto che permette una collaborazione internazionale, cosa che nell'ambito delle materie umanistiche non è tanto frequente, e il mio compito è quello di occuparsi di tutti quei riflessi, per riprendere il titolo di un importantissimo volume di Francesco Sabatini, delle popolazioni germaniche nel lessico della lingua italiana e dei suoi dialetti; attraverso questo tipo di studio di carattere linguistico si aprono degli scenari interessantissimi che permettono di approfondire anche quelle che sono state le modalità di contatto fra le popolazioni germaniche e la popolazione che viveva sulla penisola italiana, nel periodo soprattutto tardoantico e altomedievale, periodo in cui questo contatto è stato molto più intenso. I prestiti in questo periodo sono stati molto numerosi e ovviamente le difficoltà nel portare avanti un progetto del genere sono di tipo economico: riguardano infatti i finanziamenti necessari per poter sostenere un'iniziativa come questa, iniziativa che richiede ovviamente l'impegno di persone che lavorano, analizzano e elaborano il materiale lessicografico."

Quanto è importante la dimensione temporale nello studio della lingua?

"Qui mi invita proprio a nozze! La dimensione temporale nello studio della lingua per me è un punto centrale innanzitutto perché se non sappiamo come una lingua si è formata difficilmente possiamo capirla e apprezzarla in tutta la sua bellezza nella dimensione sincronica; inoltre io ritengo che, come ha detto anche la studiosa svizzera Angelika Linke, la lingua cambia continuamente anche sotto i nostri occhi, anche se non ce ne accorgiamo. Acquisire questa sensibilità per il cambiamento linguistico penso che sia quasi un dovere per chi dello studio delle lingue straniere vuole farne la propria professione e quindi io non mi stancherò mai di ripetere agli studenti che è bene studiare la lingua così come è oggi, ma è anche importante sapere come si è formata perché questo aiuta a capire meglio la cultura di cui la lingua è espressione. Chi vuole lavorare e vuole svolgere la funzione di mediatore linguistico e culturale non può assolutamente ignorare la dimensione diacronica."

Sulla base delle sue ricerche può spiegarci cos’è la lingua?

"È un mezzo di comunicazione potentissimo! Quando si parla di lingua si parla in realtà di linguaggio verbale cioè lo strumento di comunicazione di cui si servono gli esseri umani. Dico che è uno strumento di comunicazione potentissimo, così come ci insegnano i linguisti, poiché il linguaggio verbale è quello che è potenzialmente in grado di descrivere tutto e abbiamo continuamente conferme a riguardo perché ogni volta che ci sono nuove conquiste, nuove scoperte, nuovi eventi da registrare, la lingua è sempre in grado di poterlo fare."

Che tipo di fenomeni sono legati al plurilinguismo?

"Il plurilinguismo è un fenomeno che, come dicevo anche prima, nella società moderna appare in maniera molto evidente ma è chiaro che è esistito da sempre perché da sempre abbiamo avuto popolazioni e società in contatto. Del plurilinguismo il fenomeno forse più evidente e che probabilmente colpisce maggiormente è proprio quello del prestito linguistico che concerne il passaggio di parole da una lingua A una lingua B. Normalmente il fenomeno del prestito avviene in maniera molto più evidente ed eclatante per quello che riguarda il lessico ma sappiamo e abbiamo anche numerose altre testimonianze di casi che riguardano prestiti di strutture sintattiche, fonetiche e così via."

Quali fenomeni si sviluppano in particolare nelle situazioni di contatto linguistico tra mondo italoromanzo e tedescofono?

"In queste situazioni di contatto linguistico dobbiamo immaginare diversi periodi: inizialmente, a partire dal 1300-1400, si è trattato di un lessico legato moltissimo ai rapporti militari che c'erano tra i due paesi e il periodo di maggiore rilievo per quello che riguarda i prestiti dal tedesco alla lingua italiana standard, perché il discorso sui dialetti sarebbe molto più complesso da fare e riguarderebbe settori anche diversi del lessico, è quello appunto che abbraccia l'Ottocento e la prima metà del Novecento quando la Germania era punto di riferimento dal punto di vista della filosofia ma anche dello studio delle materie scientifiche: ricordo sempre agli studenti che fino alla metà del XX secolo la lingua della chimica, delle scienze naturali, della biologia era il tedesco e non l’inglese e di questo ne abbiamo diverse tracce in una serie di prestiti di nomi di elementi chimici, di minerali e così via che sono stati spesso inventati dai tedeschi, qualche volta magari attingendo al patrimonio delle lingue classiche, greca e latina; un esempio è la parola 'gene', parola che oggi va tanto di moda e che è stata creata in un ambiente culturale tedesco. Soltanto successivamente, dopo la seconda guerra mondiale, c'è stato questo brusco cambiamento per cui l'inglese è diventato lingua della comunicazione per tutte le materie soprattutto di ambito scientifico."

Cos’è il LeItaLiE?

"È un acronimo che sta per Lessico dell'Italiano e delle Lingue Europee; abbiamo voluto anche un po' giocare inserendo all'interno di questo acronimo LEI con riferimento all'opera di Pfister e Schweickard Lessico Etimologico Italiano e anche facendo riferimento, con questo sostantivo 'Italia' al plurale, a quella che è la pluralità e la ricchezza del patrimonio linguistico dell'Italia e delle sue numerosissime varietà. Si tratta di un Centro di Lessicografia Interuniversitario che vede la partecipazione della Federico II e in particolare del Dipartimento di Filologia Moderna, dell'Università di Salerno con il Dipartimento di Latinità e Medioevo, e del nostro Orientale con il Dipartimento di Studi Letterari e Linguistici dell'Europa. Questo centro vuole in qualche maniera mostrarsi anche all'esterno per sensibilizzare l'opinione pubblica e la comunità scientifica rispetto a tutte le attività di ricerca che svolgiamo in Campania nell'ambito della lessicografia, ed è nato intorno a un gruppo che si occupa e che contribuisce alla stesura dei fascicoli relativi ai germanismi del Lessico Etimologico Italiano."

Lei ha diretto il Centro per la Didattica Linguistica di Ateneo dell’Orientale dal 2005 al 2008: quanto è importante nello studio delle lingue straniere il contributo dei collaboratori linguistici?

"Indubbiamente restano una figura di riferimento: probabilmente quando anni fa furono introdotti i collaboratori linguistici erano anche gli anni in cui per uno studente era più difficile viaggiare ed era anche più difficile avere accesso a fonti dirette come film in lingua straniera, televisione in lingua straniera, radio e così via. Oggi ovviamente per uno studente è molto meno difficile, anzi è facilissimo venire in contatto con il mondo della cultura e della lingua relative al paese di cui si è deciso di occuparsi, per cui per uno studente, oggi, non è complicato leggere un quotidiano, sentire un telegiornale e avere quindi un contatto diretto con la lingua. Tuttavia la figura del collaboratore linguistico rimane importante in quanto rappresenta una figura di incontro in quanto si tratta di una persona che conosce una lingua, proviene da una certa cultura e da una certa formazione linguistica, in quanto nasce come madrelingua della lingua straniera, ma questa figura al tempo stesso vive in una realtà che è quella italiana: spesso si tratta anche di persone che hanno studiato nel proprio percorso universitario la lingua italiana e quindi possono rappresentare in qualche maniera un ponte, un punto di collegamento tra il loro paese d'origine e lo studente italiano, in questo caso dell'Orientale."

Quali sono gli obiettivi del Corso di perfezionamento, da lei diretto, in Didattica della lingua e cultura tedesca?

"Questo corso di perfezionamento è stato pensato in un momento in cui le scuole di perfezionamento per l'insegnamento del tedesco erano state chiuse per decreto del Ministero: ancora non si sapeva come aiutare le persone che desideravano in qualche maniera avvicinarsi alla carriera di insegnante di tedesco nelle scuole italiane e quindi l'obiettivo formativo di questo corso era quello di offrire, a chi lo voleva, un aggiornamento su quelle che erano le più recenti metodologie a proposto di iniziative didattiche da svolgere nella scuola. Dall'altra parte però è stato pensato anche come una specie di corso di iniziazione per giovani laureati o persone già laureate da qualche tempo che non si erano ancora avvicinate al mondo del tedesco come lingua straniera, affinché questi potessero capire come funziona questo tipo di lavoro e se si trattava di una professione per la quale dedicare tempo ed energia. Si è proposto quindi come un modo per offrire ai laureati di tedesco dell'Italia meridionale, in realtà quasi tutti della Campania fatta eccezione per una corsista proveniente da Formia, di offrire la possibilità di non interrompere il rapporto con lo studio del tedesco o di allacciare in qualche caso un dialogo di approfondimento nello studio della lingua e della cultura tedesca, che per qualche motivo nella loro vita si era interrotto. Questo corso tra l'altro ci ha offerto anche la possibilità di collaborare con la sede centrale del Goethe Institut, quella di Roma, e con il DAAD di Bonn arricchire anche noi docenti dal punto di vista professionale e didattico."

A suo avviso la preparazione scolastica dei ragazzi che approdano all’università è adeguata?

"Spesso purtroppo riscontriamo numerosissime lacune soprattutto nella conoscenza della lingua italiana, dalla quale secondo me non si può prescindere per poter apprendere una lingua straniera; molte delle difficoltà che gli studenti incontrano nell’apprendimento della lingua straniera dipendono quindi soprattutto dalla mancata conoscenza della propria lingua madre, delle sue strutture e del suo funzionamento. Il momento della riflessione sulla lingua è un momento fondamentale perché se non si riflette sulla lingua, su come funziona e sul modo in cui si è costituita, ovviamente si avrà difficoltà a domarla e a padroneggiarla in tutti i suoi molteplici aspetti. Questo è uno dei problemi principali ma talvolta influisce anche una mancanza di motivazione da parte dei nostri studenti: molti confondono lo studio delle lingue straniere all’università con un corso di lingua. Quello che io sempre spiego alle matricole è che studiare lingue non significa semplicemente imparare a parlare, cioè imparare ad ordinare al ristorante o imparare a vedere un film in lingua straniera, ma richiede tutta una serie di competenze e quindi anche tanto sacrificio e tanto sforzo. Molti forse si iscrivono a un Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere pensando che parlare sia una cosa naturale, facile; in realtà non è assolutamente così."

Cosa consiglia di fare a un giovane studente che si approccia per la prima volta allo studio delle lingue straniere?

"Gli direi sicuramente che lo studio delle lingue straniere deve essere visto come un'attività che ti prende completamente, non soltanto dal punto di vista dell'impegno e del tempo da dedicare allo studio delle lingue: è proprio una scelta di vita, nel senso che non ci si può limitare a leggere quell'unico romanzo o quell'unico testo di attualità che viene suggerito dal professore a lezione ma bisogna prendere spunto da ciò che viene segnalato a lezione per poi avvicinarsi alla materia in maniera più spontanea e autonoma. Soltanto entrando veramente nella lingua della cultura straniera la si può veramente apprendere e imparare: tutto ciò che può aiutare a capire qualcosa di più del paese che abbiamo scelto di studiare è importante. Purtroppo però ho l'impressione che spesso lo studente stia lì col bilancino e una volta svolti i compitini richiesti o quello che ritiene necessario per superare l'esame, si ferma e non presta attenzione ad altro."

La ricchezza di insegnamenti linguistici è una peculiarità del nostro Ateneo: si tratta di un patrimonio che, secondo lei, è destinato ad estinguersi?

"Qui le rispondo come Prorettore con delega alla Didattica prima ancora che come germanista: assolutamente no! Il nostro sforzo è quello di continuare a mantenere, nonostante le note difficoltà economiche del momento di tutti gli Atenei italiani di cui si legge tutti i giorni sulla stampa, un'offerta didattica che sia il più ampia possibile. Io cerco sempre di sconsigliare agli studenti di studiare inglese all'Università perché penso che lo studio dell'inglese dovrebbe essere qualcosa da fare indipendentemente da un percorso universitario: l'inglese oggi è un presupposto per cercare lavoro ma non è una corsia privilegiata per trovare lavoro. All'Orientale, invece, si offrono altre possibilità attraverso lo studio di altre lingue: recentemente abbiamo dimostrato nei fatti che cerchiamo di mantenere questa pluralità per esempio con corsi di nederlandese o indonesiano, giusto per citare due lingue che sicuramente non sono lingue di massa come lo possono essere il francese, il tedesco. O ancora stiamo cercando di incoraggiare l'interesse per lo studio della lingua vietnamita offrendo per adesso solo corsi compattati in collaborazione con le università vietnamite, nella speranza di creare anche in questo ambito un percorso di studio, se non quinquennale almeno triennale. Si tratta infatti di paesi emergenti che guardano soprattutto all'Italia con notevole interesse."

Francesca De Rosa

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