La linguistica dei corpora, la lingua e il suo uso

 

La linguistica dei corpora, la lingua e il suo uso

Da sinistra, Julia Bamford, Marina Bondi ed Elena Tognini Bonelli

La linguistica dei corpora come strumento per avvicinare teorie e pratiche linguistiche

Napoli, 3 febbraio 2012 - Nella sede di Palazzo Du Mesnil si è tenuto l’incontro Corpus Linguistics in Naples, Giornata di studio promossa dal Dipartimento di studi Americani, Culturali e Linguistici dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale” in collaborazione con il centro interuniversitario di ricerca CLAVIER (Corpus and LAnguage Variation In English Research)

Jocelyn Vincent e Julia Bamford – entrambe docenti di Lingua e linguistica inglese all’Orientale – hanno dato il benvenuto ai presenti ringraziando in particolar modo i relatori giunti da altri atenei italiani i quali hanno incontrato non poche difficoltà date le particolari condizioni meteorologiche. A questo proposito, è stata segnalata un’imprevista modifica al programma, ovvero il collegamento Internet con Silvia Bernardini che, non potendo raggiungere Napoli, ha tenuto la propria relazione via Skype. Julia Bamford ha dato inizio ai lavori sostenendo che, sebbene le condizioni dell’università italiana siano al momento tutt’altro che rosee, occasioni come questa appaiono importanti perché consentono di sottolineare quanto nel nostro paese sia possibile trovare eccellenze, come nel caso di questo particolare settore di ricerca.

La Giornata di studio è stata interamente dedicata alla linguistica dei corpora e ad alcune delle sue applicazioni: nell’ambito della traduzione, nella relazione della già citata Silvia Bernardini, oppure negli studi sui linguaggi settoriali e specialistici, come nel caso del linguaggio accademico analizzato da Marina Bondi e di quello istituzionale, analizzato da Marco Venuti nella sessione mattutina e da Luisa Caiazzo in quella pomeridiana.
In sintesi, al di là dei singoli approcci e oggetti di studio, sono emersi alcuni elementi centrali per lo studio del linguaggio tra cui sembra necessario sottolineare la presenza di elementi positivi – come il ruolo delle risorse elettroniche grazie alle quali è cresciuto in maniera esponenziale il numero di dati raccolti e resi disponibili grazie alla Rete, elemento che ha permesso uno sviluppo crescente della disciplina e nuove possibilità di applicazione nella ricerca così come nell’ambito della didattica – ma anche di elementi critici che è stato possibile mettere in luce proprio grazie a quanto emerge dalla linguistica dei corpora.
Tra questi punti critici, il più rilevante riguarda la discrepanza che è possibile osservare tra l’uso della lingua e i sistemi tradizionalmente adoperati per descriverla: questo tema è stato al centro della relazione di Elena Tognini Bonelli, membro del CLAVIER, docente all’Università di Siena e Direttore della rivista Studies in Corpus linguistics. A partire da questa discrepanza tra le descrizioni e le pratiche dei parlanti, la studiosa ha proposto una riflessione sull’uso dei corpora e sull’importanza della metodologia nell’analisi linguistica, ricordando con Ferdinand de Saussure che “C’est le point de vue qui crée l'objet”. Servendosi di due concetti chiave, ordine e disordine – “tidy, what we aspire to, and messy, what we have to deal with“ – la docente ha esposto il problema nei seguenti termini: le tradizionali descrizioni della lingua aspirano all’ordine e, per questo motivo, cercano di stabilire norme e di individuare categorie, selezionando esempi della lingua che possano rendere queste stesse discretizzazioni chiare ed evidenti; tuttavia i dati che emergono dai corpora offrono non soltanto esempi, ma ampie ed evidenti testimonianze che contraddicono le suddette norme e categorie. Uno degli esempi citati è stato quello dell’any inglese che, sebbene nella grammatica di questa lingua sia indicato come corretto solo se usato nelle frasi negative e interrogative (oltre che nel periodo ipotetico), negli studi corpus-based appare adoperato nel 46% dei casi anche nelle frasi affermative, nelle quali sarebbe previsto l’uso di some. Ciò che emerge dai dati della linguistica dei corpora è la variabilità della lingua, ma è soltanto grazie ad una accurata metodologia che si rende possibile penetrare il “disordine”, ciò che è messy. E osservando questa discrepanza tra descrizioni e uso della lingua, sembra possibile parlare di una sorta di blindness – un altro termine adoperato spesso dalla studiosa – una cecità che impedisce di notare quanto le tradizionali descrizioni possano essere, in certa misura, fuorvianti. La linguistica dei corpora, in questo senso, costringendo lo studioso a fare i conti con la concreta variabilità della lingua, permette di trasformare questa “cecità” nella capacità di superare un approccio che sia esclusivamente qualitativo o quantitativo alla ricerca di un difficile, ma necessario e auspicabile, equilibrio tra i due.
 

Azzurra Mancini

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