Rossella Bonito Oliva: "etica" fa rima con "abitare"
Rossella Bonito Oliva: "etica" fa rima con "abitare"
"Dobbiamo capire se il nostro rapporto con l'ambiente è mediato dai media o se è un rapporto diretto"
Professoressa Bonito Oliva, lei sarà ospite delle Giornate di studio che si terranno dal 24 al 26 marzo all'Orientale. Le Giornate sono dedicate a “Comunicazione e Ambiente”. Su che cosa verte il suo intervento?
“Il titolo che ho dato al mio intervento è Etica dell’abitare. Inizierò dagli ultimi eventi verificatisi in Giappone per spiegare qual è il rapporto che noi abbiamo con l’ambiente circostante per capire se si tratta di un rapporto mediato dai media o se si tratta invece di un rapporto diretto. Da qui scaturirà il discorso sempre più attuale sull’ecologia, sull’acquisizione di un punto di vista inteso come sostanziale ridimensionamento di un occhio assoluto che è quello che la scienza come tecnologia ha posto rispetto all’uomo. Il tema principale sarà quello della responsabilità dell’uomo verso l’ambiente in cui egli vive.
Un altro tema di cui parlerò sarà l’organizzazione delle città. Quella che Benevolo definisce la Fine della città è la distruzione della relazione tra città e abitanti ed è qualcosa che si afferma nel Novecento a partire, anche se solo in parte, dai regimi totalitari. Lui fa l’esempio di Roma come prima ferita grossa che viene inferta ad una città antica. Benevolo parla più specificamente del piano urbanistico realizzato dai fascisti che prevedeva una sorta di attraversamento delle rovine romane attraverso una grande arteria, la quale era funzionale sia ai cortei fascisti sia allo sbocco di Piazza Venezia dove il duce faceva i suoi discorsi. Per Benevolo ciò significa distruggere da un lato la memoria della città, dall’altro la mappatura della città stessa. Da questo punto di vista la città viene dunque resa disfunzionale e viene cambiato l’equilibrio tra periferia e centro. Il centro diventa quello della rappresentazione del potere o dell’economia. Con queste premesse, il mio discorso si incentrerà sullo snaturamento della città e la spersonalizzazione dei cittadini perché la città a misura d’uomo diventa sostanzialmente una città riproducibile all’infinito.
Un altro esempio sono le Vele costruite secondo l'idea delle unità abitative di Le Corbusier. Questo modello urbanistico prevedeva delle unità abitative costituite da grandi edifici in cui c’erano dei corridoi interni che permettevano agli abitanti di incontrarsi e costituivano perciò dei punti di concentrazione e di incontro.
Il problema sta nel momento in cui noi ci spostiamo da Le Corbusier alla civiltà post-moderna in cui l’architetto olandese Koolhaas ci fornisce la definizione di Città generica.
L’esempio ci è dato da città come Singapore e le moderne città cinesi. La città generica è una città senza differenze sostanziali in cui c’è totale generalizzazione non c’è un centro né una periferia, tutto è legato alle vie di comunicazione. La città generica è anche una città senza memoria perché progressivamente vengono distrutti i pochi resti che rimangono del passato perché non c’è bisogno di memoria. Vengono creati artificialmente anche i punti di verde, i luoghi di svago e di shopping. Koolhaas fa una distinzione tra moderno e postmoderno. Il modello della città post-moderna è quello dell’aeroporto, una città di passaggio dove l’uomo vi si ritrova come il personaggio del film di Spielberg, indifferentemente piombato lì per caso, cittadino di passaggio e senza patria. Tutto ciò produce una sorta di indifferenza ambientale e una prevalenza della dimensione economica. A conferma di tutto questo sono sorte diverse scuole architettoniche che si basano sulla superfetazione dei centri abitati e sullo sviluppo in altezza delle città.”
Etica-ambiente-comunicazione. Tre parole chiave per una riflessione a tutto tondo. Qual è secondo lei il filo conduttore tra queste tre parole?
“La comunità.
L’ambiente, nel caso dell’uomo, non è solo ciò che lo circonda immediatamente ma anche ciò che l’uomo conquista, su cui l’uomo interviene in quanto uomo sociale, in quanto comunità allargata. L’etica è qualcosa che non riguarda mai il singolo bensì sempre il contesto sociale rispetto al quale noi abbiamo sia delle aspettative che degli investimenti. La parola etica deriva infatti dal termine greco oikos che significa "casa", quindi l’etica è la traduzione dell’ambiente nella casa dell’uomo. Infine l’uomo non ha comunità se non attraverso la comunicazione.”
È possibile esprimere un nuovo concetto di sostenibilità ambientale che auspichi un ritorno al valore reale e alla funzione essenziale degli oggetti che ci circondano?
“Certamente. Tutto questo rientra nella cornice del mio discorso ovvero la responsabilità che noi abbiamo verso l’ambiente, verso ciò che abbiamo trovato ma che allo stesso tempo lasceremo alle generazioni future.”
Come si può recuperare la responsabilità sociale nell’abitare la società?
“Vorrei rifarmi alla questione del punto di vista. Trovo molto interessante il discorso che si comincia a fare in merito al recupero di abitudini in funzione del risparmio energetico.
Il problema sta non solo nell’organizzazione della campagna informativa ma anche nell’ invitare il cittadino all’adozione di determinati comportamenti che con il tempo aprono la strada ad una serie di altre abitudini. Per esempio si è visto che, cominciando a fare la raccolta differenziata, i cittadini hanno cominciato ad acquisire coscienza dei possibili risparmi che si possono fare.
Si usano molte più biciclette e alcune persone comprano le macchine elettriche.
A partire da una scelta estetica quindi, l’uomo comincia a capire come poter risparmiare rispetto a determinati investimenti. Il concetto dell’imparare facendo, è proprio di un ragionamento di Vico. I fatti sono più concreti più di qualsiasi ragionamento teorico.”
Quali sono state le riflessioni filosofiche più significative in merito all’ambiente?
“Si tratta più che altro di riflessioni legate ai saperi dell’ambiente quindi biologia, meteorologia, fisica, medicina oppure al rapporto dell’uomo con la terra più ad ampio raggio. Possiamo citare Lévinas, Jonas, Anders. Il più grande testo di Jonas Principio di responsabilità si affianca a temi di bioetica. Egli parla della responsabilità dell’uomo rispetto al mondo in cui vive anche in relazione a quelle condizioni di vita e di sopravvivenza che noi lasciamo ai nostri successori e quindi responsabilità in termini di inquinamento, clima, esaurimento delle risorse. Un altro punto di riferimento può essere Lévinas che riconduce la condizione umana al bisogno di un ambiente che sia portatore di risorse e quindi alla responsabilità nello spreco e nell’astrazione rispetto a questo bisogno umano.”
Una vecchia questione: è lo strumento il messaggio, o è il messaggio lo strumento?
“Dato che viviamo in una società mass-mediale, lo strumento è il messaggio. In realtà in questa sorta di abitudini indotte ci può essere uno svincolamento da questa strumentalizzazione di contenuti attraverso un ‘esperienza diretta.”
Nucleare: sì o no?
“Dovremmo ragionare nei termini in cui viene utilizzata ogni cosa. Quello che è accaduto in Giappone ci fa capire che il problema non è nucleare si, nucleare no; il problema forse è innanzitutto il modo dell’utilizzazione del nucleare oltre alla questione del risparmio energetico. Nel momento in cui noi abbiamo un fabbisogno altissimo la soluzione non è comprarsi l’energia da un altro paese come per esempio noi facciamo con la Francia. Dobbiamo riflettere bene su questa questione e sui relativi pro e contro.”
Come è rappresentato in Italia sul piano della comunicazione il quadro europeo delle reali emergenze ambientali ?
“Credo che ci sia un difetto di comunicazione perché essa è fortemente ideologizzata. Non si parla al cittadino, si parla a partire da campagne, da slogan le quali sono politicamente contestualizzate.”
Politiche ambientali, finanza, economia. Sponsorizzazioni, pre-orientamento della percezione positiva del marchio. Ingenti investimenti di tipo comunicazionale spingono a consumare risorse primarie, oltre quelle effimere. Un esempio che caratterizza l’Italia: le acque minerali. Cosa dice a questo proposito? E avrebbe qualche altro esempio da suggerire?
“Per quanto riguarda le acque minerali sappiamo che sono state fatte delle campagne però il problema non è soltanto lo spot pubblicitario. Il problema è il clima di allarme che si crea ed è ovvio che se l’acqua che beviamo viene messa in dubbio nella sua potabilità per l’inquinamento delle acque acquifere, ciò induce un bisogno. L’acqua minerale comunque, non è l’unico caso. Basta guardare il cambiamento della nostra alimentazione legato da un lato a un modello di ricchezza dall’altro ad un idea di progresso e flessibilità.
C’è anche un altro tipo di messaggio che produce una forma di dipendenza ideologica e che è legato all’idea di alimentazione sana. Noi sappiamo che il marchio biologico è un marchio molto ricercato ma in realtà è poco controllato per cui non sempre ciò che è biologico è da considerarsi automaticamente sano.
Ciò che è primario e ciò è effimero viene stabilito attraverso dei meccanismi comunicativi rispetto ai quali noi siamo impotenti proprio perché siamo poco informati.”
Raffaella Sbrescia