Intervista a Marina Rullo e Vincenzo Barca

 

Intervista a Marina Rullo e Vincenzo Barca

Immagine tratta dal sito della BIblit

In occasione della conferenza Tradurre per mestiere, tenutasi il 24 novembre nella sede di via Marina dell'Orientale, abbiamo avuto occasione di porre alcune domande ai rappresentati del Sindacato Nazionale Scrittori presenti all'evento

Marina Rullo è una traduttrice free-lance, ha creato nel 1999 il sito Biblit (www.biblit.it), punto di riferimento su Internet per chiunque traduca da e verso l'italiano. Dal 2004 è responsabile della sezione traduttori del Sindacato Nazionale Scrittori. Dottoressa Rullo, anche alla luce del crescente numero di corsi di laurea mirati alla formazione dei traduttori, saprebbe dirci quali spazi sono attualmente disponibili in Italia per un miglioramento delle condizioni di lavoro di questa categoria? "È sicuramente cosa buona e giusta per qualsiasi categoria di lavoratori organizzarsi in qualche modo e portare avanti le proprie giuste rivendicazioni: conosciamo tutti com'è gestita la politica culturale in Italia, gli spazi bisogna andarseli a cercare con la forza. Io faccio parte di un sindacato, quindi non sarò del tutto imparziale, però secondo me la cosa più importante per migliorare le condizioni di lavoro dei traduttori è creare inanzitutto una coscienza dei lavoratori. Molti di noi fanno ancora questo lavoro, o entrano in questo ambiente, pensando che sia una cosa romantica, un' occupazione puramente creativa. Del resto fa piacere a tutti vedere il proprio nome stampato su di un libro no? Però, in realtà, il primo passo è considerarsi dei lavoratori: è a quel punto che cominci ad organizzarti e capire dove puoi lavorare. Io, personalmente, sto valutando la possibilità di chiedere un aumento della quota di riduzione forfettaria sui compensi, cioè fare sì che non siano solo quelli al di sotto dei 35 anni che l'abbiano al 40 % , ma tutti i traduttori. Ma proprio perché le tariffe sono talmente basse, sto esplorando anche altri modi di intervenire sul contratto. Insomma il discorso è un pò ampio e difficile da condensare, però si, a mio avviso ci sono la condizioni per un miglioramento, ma è fondamentale che tutti i traduttori prendano coscienza di essere prima di tutto dei lavoratori." Di sicuro la rapidità dei nuovi mezzi di comunicazione ha aiutato molto l'organizzazione di questa categoria. "Ovviamente è grazie ad internet se c'è una maggiore consapevolezza e non è un caso se il nucleo iniziale della sezione traduttori del Sindacato Nazionale degli Scrittori sia stata formata proprio dagli iscritti al Biblit, questo primo network dei traduttori italiani. Insomma, è chiaro che la condivisione di informazioni, non sentirsi più isolati, capire di non essere più solo lavoratori autonomi, ma parte di una categoria che aveva bisogno di essere tutelata, ha avuto il suo risultato. Adesso dobbiamo riuscire però ad aggregare ancora di più il consenso e farci sentire. È ovvio che più si è più si ha forza." L'unione fa la forza come sempre. "Purtroppo sembra una cosa scontata da dire, ma mai come in questo questo caso è veritiera." Vincenzo Barca ha tradotto numerosi autori portoghesi, brasiliani e africani di lingua portoghese. È professore a contratto di "Lingua e traduzione portoghese e brasiliana" presso la Facoltà di Lettere dell’Università "La Sapienza" di Roma. Professor Barca, cos'è per lei la cosa più importante che un ragazzo appena laureato in lingue e letterature straniere dovrebbe imparare per inserirsi nel mondo della traduzione? "Secondo me, come diceva prima nell'intervista la collega Marina Rullo, dovrebbe mettersi in contatto con gli esperti, non rimanere solo, spezzare questo cerchio di solutidine in cui il traduttore è sempre stato, anche a causa delle caratteristiche tipiche della sua professione. Questo isolamento finora è andato ad esclusivo vantaggio degli editori. Dovrebbe entrare in contatto con altri traduttori che ovviamente hanno esperienza alle spalle, seguirli se c'è la possibilità e magari "entrare a bottega", cioè seguire seminari di formazione condotti da traduttori editoriali professionisti e quindi imparare. Perché questo mestiere si può imparare, apprendendo le tecniche di traduzione, che aiutano molto, anche se molte qualità utili ad un traduttore sono generalmente innate: un certo orecchio, una certa attitudine e ovviamente un grande amore per la lettura e per le parole". Lei consiglierebbe ad un ragazzo alle prime esperienze di accettare lavori con una paga molto ridotta pur di fare esperienza? Vale la pena di lavorare in condizioni anche poco dignitose? "No, secondo me non vale mai la pena di lavorare in condizioni poco dignitose, anche perché quando lavori da solo su una traduzione, la tua responsabilità, la tua firma su quella traduzione, non sarebbe commisurata alla paga. La condizione ideale all'inizio, quando possibile, è lavorare a quattro mani con un traduttore professionista: in questo modo si può godere di alcuni vantaggi riservati ad un traduttore di un certo prestigio, e contemporaneamente imparare da un maestro. É naturale che tutti noi da qualche parte dobbiamo partire, e che quindi dobbiamo accettare dei compromessi. Però non possiamo accettare pochi spiccioli per una traduzione, anche perché facciamo del male ad altri colleghi, in un mercato che è già di per sé selvaggio, portandolo a dei livelli inaccettabili." Cosa potrebbero fare secondo lei le Università per preparare meglio i giovani all'ingresso nel mondo della traduzione professionistica? "Quello di cui parliamo io e Marina, cioè imparare a muovere i primi passi nel mondo editoriale, andrebbe fatto regolamente da noi o da chi come noi ha le competenze nelle università, proprio per mettere a contatto lo studente con questa parte pratica della vita del traduttore, andare oltre lo studio puramente teorico. Far sì che un ragazzo esca dall'Università avendo idea di come muoversi, cosa fare o di quali diritti è in possesso."

Michele Trocchia

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