Speciale Presidi: Amedeo Di Maio
Speciale Presidi: Amedeo Di Maio
"Il nostro laureato è idoneo ad allocarsi nell’apparato amministrativa dell’Unione Europea, nel settore delle relazioni economiche e politiche internazionali, in quello della cooperazione. La laurea in Scienze Politiche rimane la più idonea anche per chi intende lavorare nell’ambito giornalistico"
Professore Di Maio, quali sono i suoi programmi per il prossimo biennio? Lei è stato rieletto Preside nel 2007-08.
"Il non essere più preside mi consente di intensificare l’attività di ricerca ed essere maggiormente coinvolto nel dottorato di ricerca."
Che cosa cambierebbe dell’Orientale?
"I cambiamenti che individuo necessari sono dovuti al mutare dei tempi e delle norme. Riguardo alla prima causa, L’Orientale ha saputo sostanzialmente adeguarsi senza significativi ritardi rispetto alla modernità. Naturalmente, ho in mente soprattutto le trasformazioni avvenute nella mia Facoltà: le innovazioni in molti programmi di insegnamento, master cogestiti con altri atenei, ecc. La seconda causa comporta invece un atteggiamento spesso di difesa della autonomia e dalla burocrazia centralista e kafkiana. L’abbattimento delle risorse finanziarie e i conseguenti vincoli riguardanti l’organico, tendono ad annullare i nostri gradi di libertà e quindi l’impossibilità a gestire il cambiamento così come avveniva nelle Facoltà di un tempo ormai lontano. Modificherei, inoltre, lo stato di decoro di Palazzo Giusso."
Quali sono gli sbocchi professionali della Facoltà?
"Tradizionalmente, la Facoltà di Scienze Politiche formava soprattutto il personale chiamato ad operare nella pubblica amministrazione e nel nostro caso con particolare vocazione in ambito diplomatico e internazionale. Ciò significa che lo schema era alquanto rigido e lontano, da un lato, dalle esigenze di flessibilità denunciate da un mercato del lavoro sempre più tendente a ridurre i diritti dei lavoratori e, dall’altro, dai vincoli di "stabilità" che riducendo la spesa pubblica riducono le occasioni di occupazione nel settore pubblico. La formazione attuale del nostro bravo laureato (magistrale) è quella di un professionista colto e sensibile che possiede la "scatola degli attrezzi" ed è l’unico, o quasi, a saperla utilizzare in contesti multiculturali e interdisciplinari. Per questo motivo, il nostro laureato appare idoneo ad allocarsi nell’apparato amministrativa dell’Unione Europea, così come nel settore delle relazioni economiche e politiche internazionali e in quello della cooperazione. Resto inoltre convinto che la laurea in Scienze Politiche rimane la più idonea per chi intende lavorare nell’ambito giornalistico."
Come è il suo rapporto con i rappresentanti degli studenti? È un rapporto costante? Positivo?
"I rappresentanti degli studenti nel Consiglio di Facoltà hanno brillato per la loro assenza. Quelli appena eletti mi hanno fatto una buona impressione. Spero di non sbagliarmi perché rappresentanze presenti e intelligenti contribuiscono significativamente al miglioramento delle attività didattiche. Un esempio molto positivo mi è stato fornito dagli studenti presenti nella commissione per la riforma della tassazione universitaria."
Non sarebbe utile monitorare gli interessi culturali degli studenti per organizzare attività formative o stage che rispondano non solo alle loro scelte professionali, ma anche alle loro vocazioni più autentiche?
"Non sono sicuro che un tale monitoraggio vada fatto. Da un lato lo studente non è un "cliente che ha sempre ragione" e dall’altro l’Università non è più il luogo unico o privilegiato per le esperienze culturali di una specifica stagione della vita. Comunque non v’è dubbio che sarebbe preferibile offrire agli studenti le occasioni di esperienza vocazionale che cercano, ma non dobbiamo nasconderci le oggettive difficoltà che discendono sia dall’alta variabilità della domanda, sia dalla non elevata disponibilità dell’offerta rappresentata dalle istituzioni del mondo del lavoro."
Che cosa pensa dell’Open Access? Crede che l'Orientale stia perseguendo una politica attenta e aggiornata in questo ambito?
"Rappresenta una oggettiva evoluzione e risponde meglio delle modalità tradizionali alla idea di bene pubblico della ricerca scientifica. L’Orientale si muove nel verso giusto ma con le ovvie difficoltà dovute all’"aggiornamento continuo"."
I nostri dottorandi sono a suo avviso competitivi con quelli formati presso altri atenei, non solo italiani?
"Mi è difficile rispondere a questa domanda perché non conosco a sufficienza le attività e i risultati di tutti i nostri dottorati di ricerca. Di quelli di cui ho contezza mi sembra di poter affermare che sono competitivi. Quel che è certo, è che non pochi dei nostri dottorati e dottorandi frequentano istituzioni di ricerca esteri con pieno successo e sono molto stimati."
A suo avviso, le politiche di diffusione della ricerca effettuata nei nostri dottorati sono efficaci e competitive? Giudica adeguata ai tempi, ad esempio, la visibilità di tali ricerche nel Web?
"La diffusione dei prodotti scientifici è sempre stata una attività non facile. Il giovane (e forse non solo il giovane) è combattuto dall’evidente trade-off esistente tra i tempi rapidi di una pubblicazione nel sito del proprio Ateneo o Dipartimento e la possibile conseguente esclusione della pubblicazione presso rivista scientificamente quotata."
Cosa si potrebbe fare per l'ammodernamento della didattica, se ritiene che vi sia qualcosa da fare in tal senso?
"Bisogna distinguere i livelli della formazione e considerare le singole discipline. Per i livelli non elevati di formazione, le procedure telematiche possono apparire utili, mentre lo sono molto di meno, o per nulla, per i livelli di alta formazione. Per alcune discipline, la didattica dovrebbe innovarsi soprattutto con le lezioni complementari e con le esercitazioni. Un maggior uso, in tal senso, degli apparati telematici, ridurrebbe l’uso di spazi, consentendo più frequenti utilizzi delle aule per seminari e conferenze aperti agli studenti."
Lei legge libri in formato digitale?
"Ormai leggo più articoli scientifici in formato digitale che cartaceo. Mi è capitato anche di leggere libri ma con meno frequenza e maggior fastidio fisico."
Che cosa le piace leggere nel tempo libero, oltre ai libri legati al suo ambito di studio?
"Leggo molti romanzi, poca saggistica e ho in ubia i saggi, ad esempio à la Vespa o à la Travaglio, che giudico di "semplificazione distruttrice". I romanzi di molti giovani di successo mediamente mi lasciano deluso e si riduce la mia fiducia nelle recensioni, che finisco con il considerare sempre di più solo elemento di marketing."
Che tipo di musica ascolta? Quali i suoi autori preferiti?
"Ascolto molto la musica e generi diversissimi. Frequento l’Associazione Scarlatti per godere della classica dal vivo ma ascolto con molto piacere anche le canzoni. Per fare qualche esempio, tra gli italiani ascolto volentieri Capossela o Gianmaria Testa, tra gli stranieri i Radiohead o i Pear Jam, oltre Tom Waits. Quest’ultima preferenza denuncia la mia età."
Un’ultima domanda, con la quale ritorniamo alle sue funzioni: che cosa ha fatto, da quando è stato eletto Preside, di cui va veramente orgoglioso?
"Non vuole essere finta modestia, ma credo non sia giusto prendersi i meriti che più legittimamente appartengono all’intero Consiglio di Facoltà. Sono stati sei anni non facili, per via dei continui cambiamenti normativi e per le ristrettezze economiche. Il maggior successo è quindi aver resistito alle "invasioni barbariche". Comunque, tra le iniziative da me proposte e che hanno avuto buon esito mi piace ricordare: la modifica dello statuto di Facoltà con la quale tutti i ricercatori sono considerati membri del consiglio e non più rappresentati dai loro eletti; la modifica proposta alla Conferenza dei Presidi e poi apportata nell’allegato al DM 270/04 riguardante non più l’obbligo di almeno due esami di lingue appartenenti alla Unione Europea ma di due lingue straniere indipendentemente dall’area geografica di appartenenza."
Redazione